Arbitrato: un Modello di Giustizia su Misura
- G. Bonvicini
- 25 nov
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 27 nov
Giovedì 6 ottobre 2025 si è tenuto presso l’Università Bocconi un incontro in tema di arbitrato, moderato dal professor Cesare Cavallini, professore ordinario di Diritto Processuale Civile e Diritto della Crisi d’Impesa dell’Università Bocconi, che ha visto come partecipanti l’avv. Gregorio Pettazzi, Principal Associate presso Freshfields, l’avv Guido Frasoldati, Associate presso Cleary Gottlieb, e anche l’avv. Michela D’Avino, Senior Councelpresso BonelliErede.
La tematica introduttiva del confronto è stata l’importanza della sede dell’arbitrato. La sua individuazione risulta essenziale, innanzitutto, ai fini della determinazione della lex arbitri, ossia della legge procedurale applicabile, oltre ad attribuire una vera e propria nazionalità all’arbitrato stesso. Ma non solo: essa determina anche la giurisdizione delle corti competenti per funzioni di supporto e controllo, in quanto vi sono dei casi in cui l’arbitro è privo di poteri coercitivi ed è dunque essenziale l’intervento di un Tribunale nazionale per l’attuazione forzosa della prestazione.
La discussione si è poi soffermata su un’essenziale distinzione: quella tra sede e luogo dell’abritrato. La sede (seat) è una fictio iuris che determina semplicemente il quadro normativo applicabile e le relative conseguenze legali, ma non la legge applicabile nel merito. Il luogo (venue), non necessariamente coincidente con la sede, consiste invece nel sito fisico in cui si tiene l’udienza (es: camera arbitrale, hotel, piattaforma online, ecc…), e il suo spostamento non ha conseguenze legali.
Ai fini della determinazione della sede, i dati statistici rivelano che i fattori maggiormente rilevanti sono: la enforceability del lodo (Convenzione di new York del 1958, oggi vincolante per 172 Paesi); il diritto interno che disciplina l’arbitrato internazionale; la legge sostanziale che regola la controversia; la disponibilità di professionisti esperti e la qualità degli arbitri; i costi; la stabilità politica della giurisdizione.
Alla luce di tali criteri, le sedi più frequentemente selezionate dai soggetti coinvolti in arbitrati internazionali sono Londra, Parigi, Ginevra e New York.
Il confronto ha poi virato su una seconda tematica: la patologia delle clausole arbitrali, i.e. le problematiche emergenti dalla formulazione delle stesse nei contratti. Per essere valida, una clausola compromissoria deve presentare alcune caratteristiche imprescindibili: obbligatorietà, cioè la clausola deve imporre che, al verificarsi di un evento, si debba ricorrere all’arbitrato; esclusione dei tribunali statali, poiché l’arbitrato deve costituire un’alternativa alla giurisdizione ordinaria fino al lodo; deve specificare i poteri agli arbitri, i quali devono avere competenza per risolvere le controversie tra le parti; deve inoltre consentire una procedura che garantisca rapidità ed efficienza, sino a un enforceable finalaward.
Qualora questi elementi non siano tutti rispettati, la clausola può essere considerata patologica. Per questo motivo, gli esperti suggeriscono spesso, nella pratica, l’utilizzo delle clausole standard proposte dalla ICC (International Chamber of Commerce), onde evitare errori o sviste nella loro formulazione.
Un ulteriore requisito indispensabile per la validità della clausola è che la volontà delle parti di rimettere un’eventuale controversia ad arbitrato risulti chiaramente, senza lasciare dubbi sull’effettivo accordo delle parti né incertezza sul contenuto della convenzione (problema delle c.d. “midnight clauses”).
Ad esempio, è patologica una clausola che indichi un foro, un’istituzione o una legge sostanziale inesistenti o non disponibili, oppure che descriva una procedura ambigua o non vincolante, o ancora che contenga contraddizioni interne. Rientrano tra le clausole patologiche anche le “hybrid arbitration clauses”, ossia quelle che prevedono un arbitrato amministrato da un’istituzione ma condotto secondo le regole di un’altra (es. SIAC amministrato secondo le ICC Rules).
Un ulteriore tema affrontato è stato quello della scelta dell’arbitro, decisione strategica di primaria importanza nel procedimento arbitrale, che richiede un’adeguata due diligence. Innanzitutto, è indispensabile identificare un soggetto che presenti alcune qualità peculiari: tendenzialmente, si ricerca un co-abritro che abbia un punto di vista compatibile con il proprio, che abbia il tempo di dedicarsi alla controversia proposta, che vanti di una dignitosa posizione e reputazione nel settore e una spiccata competenza sostanziale della materia. Tuttavia, essendo il collegio arbitrale composto da tre componenti, la caratteristica salienteche l’individuo selezionato deve presentare è la capacità di costruire consenso, risultando persuasivo e credibile agli occhi del presidente del collegio.
Non è opportuno, invece, scegliere un arbitro che, a prescindere dal merito della controversia, voterebbe in proprio favore.
Inoltre, è cruciale assicurare imparzialità e indipendenza dell’arbitro: colui che lo sceglie deve accertarsi che non versi in conflitto di interessi. La Riforma Cartabia ha reso più agevole tale accertamento grazie alla pubblicazione di tre “liste” di soggetti raggruppati sulla base del grado di intensità e di derogabilità del conflitto interessi: lista rossa per i conflitti più gravi, lista gialla per quelli potenziali per i quali è suggerita la Disclosure, e lista verde per l’assenza assoluta di conflitti.
Da ultimo, è stata affrontata la questione del riconoscimento dei lodi esteri in Italia. Il d.lgs. 40/2006 ha introdotto nel Codice di procedura civile l’art. 824-bis cpc, che recita che “il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria”.
Quando però il lodo è stato emesso da una sede arbitrale estera, si rende necessaria unaverifica ulteriore: l’emissione di un certificato di riconoscimento. L’Italia ha aderito alla Convenzione di New York del1958, attuata dagli artt. 839-840 cpc, che disciplinano il procedimento di riconoscimento. Tale procedimento si articola in due fasi: inizia con una prima fase di controllo della regolarità formale inaudita altera parte. L’efficacia del lodo non può essere riconosciuta se la controversia non avrebbe potuto formare oggetto di compromesso secondo la legge italiana oppure se il lodo contiene disposizioni contrarie all’ordine pubblico. Qualora non sussistano circostanze impeditive, la corte emetterà un decreto provvisoriamente esecutivo, dando così avvio alla seconda fase a contraddittorio pieno, nella quale la Corte d’Appello adita non potrà sindacare il merito della controversia, bensì solo verificare la presenza di eventuali motivi ostativi al riconoscimento del lodo.

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