In data 10 ottobre, l’Associazione Corporate Law Academy ha avuto l’onore di ospitare la Dott.ssa Lucia Martinoli, General Counsel di Banca Ifis, e l’Avv. Giuseppe Rumi, Partner di BonelliErede. I prestigiosi relatori, insieme a Filippo Annunziata, Professore Associato presso l’Università Bocconi, hanno approfondito il tema delle crisi bancarie, presentandone un’evoluzione cronologica da “Lehman Brothers ai giorni nostri”. Con il presente articolo si intende offrire una panoramica dei temi trattati.
I pilastri delle crisi bancarie
Le crisi bancarie hanno sempre avuto un impatto profondo sulla normativa di settore, stimolando riforme legislative e rafforzando i sistemi di regolamentazione. Ogni crisi ha infatti lasciato un’impronta duratura, contribuendo all’evoluzione del quadro normativo e alla ridefinizione delle politiche di vigilanza. Proprio per questo, al fine di comprendere a pieno l’evoluzione di questi fenomeni e il loro impatto, è necessario delineare un quadro di riferimento che analizzi le fondamenta del sistema bancario e le sue principali tappe storiche.
La banca è l’unica impresa titolata a svolgere l’attività di raccolta del risparmio presso il pubblico e di erogazione del credito. Per la costituzione di una banca è quindi necessario soddisfare specifici requisiti. Innanzitutto, la banca deve essere costituita in forma di società per azioni o di società cooperativa a responsabilità limitata. È richiesto un capitale versato di regola non inferiore a 10 milioni di euro e la presentazione di un programma che delinei l’attività iniziale e la struttura organizzativa della banca. Inoltre, i titolari di partecipazioni qualificate, equivalenti almeno al 10% del capitale sociale o degli aventi diritto di voto, devono possedere requisiti specifici di onorabilità. Infine, deve essere accertata l’insussistenza di stretti legami tra la banca ed altri soggetti che potrebbero ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza. È importante sottolineare che le banche sono istituti vigilati sia a livello nazionale che europeo e, prima di ottenere l’autorizzazione all’esercizio della propria attività, sono sottoposte a un attento scrutinio da parte delle autorità competenti.
Nei primi anni 2000, il quadro normativo italiano si basava sulla Legge bancaria del 1936, che definiva tre elementi fondamentali del concetto di banca: fisicità, nazionalità e territorialità. La fisicità si riferiva alla necessità di recarsi fisicamente in filiale per effettuare operazioni bancarie. La nazionalità evidenziava che le banche operanti sul territorio erano principalmente italiane e di proprietà di soggetti locali (secondo i dati della Banca d’Italia, nel 2004 la quota di attivo bancario detenuta da operatori esteri era pari al solo 8% del totale). Infine, la territorialità indicava che molte banche erano profondamente radicate nelle comunità locali, contribuendo in modo significativo al loro sviluppo economico.
I fattori di cambiamento del sistema bancario
L’elemento della territorialità iniziò a perdere importanza tra il 2006 e il 2007 con la liberalizzazione del mercato, che aprì l’Italia ai gruppi finanziari internazionali. Allo stesso tempo, anche la necessità di recarsi fisicamente in banca è diminuita, a causa di tre fattori principali: l’internazionalizzazione del mercato, che ha spinto le banche a sviluppare tecniche di comunicazione avanzate; la digitalizzazione, che ha consentito di svolgere operazioni bancarie tramite dispositivi elettronici; e il remote banking, che ha garantito l’accesso ai servizi bancari in qualsiasi momento e luogo.
Nonostante il concetto di nazionalità abbia mantenuto una certa rilevanza, anche questo elemento è stato progressivamente superato per diversi motivi. Tra questi, l’integrazione del mercato europeo, caratterizzato dalle “quattro libertà di circolazione” (di beni, servizi, persone e capitali), l’aumento della concorrenza nel settore bancario, l’elevata propensione al risparmio della popolazione italiana ed una maggiore apertura da parte della Banca d’Italia. Tale apertura ha favorito numerose acquisizioni da parte di istituti stranieri, come quella di Banca Antonveneta (prima acquisita da ABN AMRO e poi da Santander), della Banca Nazionale del Lavoro (acquisita da BNP Paribas), della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza (acquisita da Crédit Agricole) e di Interbanca (acquisita da GE Capital).
Le Grandi Crisi Bancarie: Dall’Insolvenza di Lehman Brothers alle Vicende delle “Banche Venete”
La crisi di Lehman Brothers, che culminò nel settembre 2008 con il fallimento della banca, rappresenta uno dei momenti più critici della crisi finanziaria globale. La banca subì pesanti perdite a causa della sua esposizione ai prestiti immobiliari ad alto rischio e fu incapace di gestirle adeguatamente, portando ad una drammatica perdita di fiducia da parte dei mercati. Questo crollo di reputazione generò una vera e propria “corsa agli sportelli”: gli investitori e i clienti cercarono di ritirare rapidamente i loro fondi, provocando una gravissima crisi di liquidità nell’intero sistema bancario mondiale. Il fallimento di Lehman segnò l’inizio di una recessione globale, che destabilizzò profondamente il sistema finanziario internazionale.
A seguito di questa crisi, l’Unione Europea riconobbe le gravi lacune regolamentari che caratterizzavano il sistema bancario e si mosse per affrontarle. Il Rapporto De Larosière del febbraio 2009 tracciò le linee guida per una riforma della supervisione finanziaria europea, proponendo due possibili alternative: un approccio nazionalista, con regolamentazioni gestite a livello nazionale, o una maggiore cooperazione europea. Fu scelta la seconda opzione, che portò all’istituzione dello European System of Financial Supervision (ESFS), un sistema volto a rafforzare la trasparenza, la stabilità e la cooperazione tra autorità nazionali e nuove istituzioni sovranazionali, come l’Autorità Bancaria Europea.
Un parallelo interessante può essere tracciato con le vicende delle “Banche Venete”, coinvolte nello scandalo delle cosiddette “azioni baciate”. Questa pratica consisteva nell’erogazione di finanziamenti agli azionisti (spesso a condizioni estremamente favorevoli), con la richiesta implicita di utilizzare parte dei prestiti per acquistare azioni delle banche stesse. Sebbene questa operazione non fosse illegale, dal punto di vista della normativa prudenziale risultava problematica: i fondi prestati per l’acquisto delle azioni non venivano infatti correttamente dedotti dal patrimonio di vigilanza, gonfiando artificialmente il valore delle azioni e nascondendo la reale situazione patrimoniale delle banche. Questa opacità contribuì ad un collasso di fiducia analogo a quello di Lehman Brothers, con conseguente crisi di liquidità e fallimento delle banche coinvolte, ossia Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
In particolare, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono state sottoposte a liquidazione coatta amministrativa (LCA) il 25 giugno 2017, a seguito di un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). La LCA, una misura straordinaria prevista per gli enti di interesse pubblico, ha consentito la cessione delle “attività sane” di queste banche a Intesa Sanpaolo, escludendo i crediti deteriorati e le obbligazioni subordinate, al fine di garantire la continuità operativa e limitare le perdite per i creditori. Gli asset problematici, inclusi i predetti, sono stati esclusi dalla transazione. Sebbene questa operazione abbia comportato perdite significative per alcuni investitori, ha comunque assicurato la continuità dei servizi bancari per i clienti e tutelato creditori e correntisti.
Momento cruciale nella gestione della crisi finanziaria europea fu il discorso di Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, che, nel luglio 2012, dichiarò che la BCE avrebbe fatto “tutto il necessario” (“whatever it takes”) per salvare l’Euro. Questa affermazione segnò una svolta decisiva nella crisi del debito sovrano europeo, determinando un incremento di fiducia dei mercati e stabilizzando la situazione economica. L’impegno della BCE, unito a politiche monetarie espansive e a una maggiore integrazione regolamentare, fu fondamentale per evitare il collasso del sistema bancario europeo e per rafforzare la fiducia nel settore finanziario.
Conclusioni
La crisi di Lehman Brothers e quella delle “Banche Venete”, pur differenti per contesto e portata, hanno rivelato profondi vulnus nel sistema finanziario, legati a pratiche gestionali imprudenti e a insufficiente trasparenza nei bilanci. Questi eventi hanno messo in evidenza l’urgenza di una regolamentazione più rigorosa e di una vigilanza più efficace, necessarie per prevenire crisi future. Le conseguenti riforme, sia a livello globale che europeo, come quelle promosse dal Rapporto De Larosière, hanno rafforzato i meccanismi di supervisione, migliorando la gestione del rischio e garantendo maggiore stabilità al sistema finanziario.
L’evento “Da Lehman Brothers ad oggi – Le crisi bancarie” ha rappresentato, in conclusione, un’importante occasione di riflessione sulle dinamiche delle crisi finanziarie recenti, grazie alle preziose esperienze professionali dei Relatori. Tali esperienze hanno fornito approfondimenti significativi, evidenziando la necessità di comprendere le cause e gli effetti di queste crisi per promuovere un sistema bancario più affidabile e sostenibile.
Un ringraziamento sentito va alla Dott.ssa Lucia Martinoli, all’Avv. Giuseppe Rumi e al Prof. Filippo Annunziata per i loro preziosi contributi, all’Associazione Corporate Law Academy per l’organizzazione dell’evento e a tutti gli ospiti che hanno partecipato attivamente.
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