top of page
G. Manara; P. Inserra

IL MERCATO DEI CREDITI DETERIORATI IN ITALIA

Aggiornamento: 29 nov 2022

IL CREDITO COME ELEMENTO FONDAMENTALE DELL’ATTIVITÀ BANCARIA


Da sempre l’attività bancaria si fonda sulla raccolta del capitale presso il pubblico e la conseguente erogazione di credito, quest’ultima pone la banca di fronte al principale rischio per la sua esistenza: il rischio di credito. L’esistenza del credit risk crea nelle banche la necessità di adottare dei criteri di valutazione dell’affidabilità e della solvibilità dei soggetti che richiedo credito e, successivamente, di tenere sotto controllo l’andamento dei finanziamenti accordati, per assicurarsi la conoscenza dello “stato di salute del credito”. Tutta quest’attenzione ai crediti concessi è dovuta alla necessità di ridurre al minimo il rischio sistemico: la possibilità che una situazione di difficoltà di una banca possa trasferirsi ad altre banche e all’intero sistema finanziario (e viceversa). Facendo nuovamente riferimento allo “stato di salute del credito” si può operare una classificazione in due macrocategorie:

  • Crediti in bonis

  • Crediti deteriorati o non-performing exposures.

Quando si parla di “crediti deteriorati” ci si riferisce a crediti erogati dalle banche e di incerta riscossione sia rispetto alla scadenza sia rispetto all’ammontare dell’esposizione di capitale. Le espressioni di uso comune “crediti deteriorati” o “prestiti non performanti” nell’Unione Europea erano tra di loro disomogenee fino all’intervento del l’Autorità Bancaria Europea nel 2013 che ha formulato una definizione uniforme di quelle che oggi sono chiamate “esposizioni deteriorate”, “non-performing exposures” o “NPE”.

NON PERFORMING EXPOSURES La definizione di NPE introdotta dall’ EBA (European Banking Authority) nasce dalla pubblicazione del documento “Final Draft Implementing Technical Standards On Supervisory reporting on forbearance and non-performing exposures under article 99(4) of Regulation (EU) No 575/2013” che è stato, come già accennato, il culmine del processo di omogeneizzazione europea. Stando al par. 145 dell’allegato V delle norme tecniche di attuazione dell’EBA, sono considerate deteriorate le esposizioni che soddisfano uno o entrambi questi criteri:

  • Esposizioni rilevanti scadute da oltre 90 giorni.

  • Esposizioni per le quali è considerato improbabile che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie senza ricorrere all’escussione delle garanzie, indipendentemente dall’esistenza di importi scaduti o dal numero di giorni di arretrato.



Prima dell’introduzione di questa nuova definizione, in Italia i crediti deteriorati erano classificati in:

  1. Sofferenze

  2. Partite incagliate

  3. Esposizioni ristrutturate

  4. Esposizioni scadute e/o sconfinanti

e la classificazione in una delle quattro categorie dipendeva a seconda delle caratteristiche del credito e dalla tipologia di problematiche ad esso relative.

L’attuale classificazione delle attività finanziarie deteriorate si fonda su due categorie:

  1. Non-Performing Exposures (NPE): esposizioni creditizie deteriorate, a loro volta suddivise in:

    1. Sofferenze

    2. Inadempienze probabili

    3. Esposizioni scadute/sconfinanti deteriorate

  2. Non-Performing Exposures with forbeance measures: esposizioni oggetto di concessioni, a loro volta suddivise in:

    1. Non-Performing Exposures with forbearance measures

    2. Forborne performing exposures

A questo punto, per dare anche maggiore chiarezza alla classificazione, sembra necessario definire meglio cosa si intende per concessione riconosciuta al debitore e quest’ultima si articola alternativamente o congiuntamente come:

  • Modifica di termini e condizioni del contratto originario che il debitore non sarebbe più in grado di rispettare a causa di difficoltà finanziarie.

  • Rifinanziamento totale o parziale di un debito problematico e che non sarebbe stato concesso se il debitore non si fosse trovato in difficoltà finanziarie.

IL MERCATO NAZIONALE

Dopo avere inquadrato l’oggetto della nostra discussione proviamo a capire che dimensioni abbia e come funzioni il mercato dei non performing loans nel nostro paese e nell’Unione Europea. Prima di tutto incominciamo con l’analizzare il fatto che tra il 2008, anno del fallimento della banca Lehman Brothers, al 2015 i crediti deteriorati erano cresciuti in maniera vertiginosa. Si passò da 85 miliardi di euro alla cifra di 341 miliardi, una quantità mai raggiunta in Italia. Il peso degli NPL diminuì la possibilità delle banche di erogare credito e questo è stato senza dubbio uno dei fattori che ha pesato di più sulla ripresa economica del nostro paese, molto lenta. È dal 2015 che i primi provvedimento per far fronte a questa emergenza sono stati presi per ridurre sensibilmente il peso dei non performing loans, ottenendo importanti risultanti. Basta richiamare il fatto che già nel 2021 erano diminuiti a 105 miliardi, il 69% in meno rispetto al 2015. Inoltre, è importante notare come anche il NPE ratio sia diminuito in Italia, sempre nel 2021, al 4%, nonostante rimanga molto alto rispetto ai livelli europei che si attestano al 2,5%, e che la nostra situazione è migliore solo in confronto a quella del Portogallo e della Grecia. Tuttavia, un altro aspetto positivo da segnalare è il fatto che comunque nel 2015 i crediti non performing italiani costituivano il 34% di tutti quelli europei, cifra scesa al 16% sempre nel 2021, ad un ritmo più veloce della media europea. La situazione però non è così rosea come potrebbe sembrare dal momento che, secondo diversi rapporti di EY, PWC e Banca Ifis, il dato sulle collections, ossia il recupero effettivo di questi crediti, è di soli 51 miliardi di euro, a fronte di circa 277 miliardi di euro di cessioni di portafogli di NPL nel periodo tra il 2015 e il 2020. Ciò significa che i crediti sono “passati di mano”, fuori dal bilancio delle banche, ma la situazione rimane irrisolta. Le banche hanno potuto ricorre ad alcuni meccanismi finanziari che hanno consentito una forte riduzione del livello di indebitamento degli istituti finanziari sui crediti deteriorati: cessioni a veicoli GACS, cessione di piattaforme recupero crediti e bad bank o simili.


LA GACS

Con il termine GACS indichiamo la “garanzia cartolarizzazione sofferenze” introdotta nel 2016 dalla legge 49. Il funzionamento di questo meccanismo è piuttosto semplice: la banca procede cedendo il pacchetto di NPL ad una società SPV (special purpose vehicle) ad un prezzo non superiore a quello iscritto in bilancio. La SPV per finanziare l’acquisto degli NPL emette delle obbligazioni che vengono suddivise in due classi di titoli: i senior, ossia quelli di maggiore qualità, gli junior, caratterizzati da bassa qualità ed alto rischio di insolvenza, a cui si aggiunge un altro gruppo intermedio, i Mezzanine, dove la qualità è media e il pagamento degli interessi è postergato ai senior ma prima agli junior. Queste classi di titoli vengono giudicate da delle agenzie di rating autorizzate dalla BCE. Le banche, per poter usufruire della GACS, devono versare una commissione periodica allo stato, nel fondo di garanzia sulle cartolarizzazioni delle sofferenze. Nel caso in cui la SPV si ritrovi in uno stato di insolvenza a partire dal novantesimo giorno ed entro il termine di nove mesi successivi alla scadenza del titolo gli investitori possono escutere questa garanzia direttamente dal ministero dell’economia e delle finanze, che in seguito si rivarrà sulla SVP. L’ammontare della GACS nel 2020 è di circa 86,5 miliardi di euro e nel 2021 è aumentata fino a 94 miliardi di euro.


CESSIONE DI PIATTAFORME O PARTNERSHIP

In questo caso parliamo di operazioni che prevedevano la cessione di piattaforme dalle banche. Da ricordare ad esempio la piattaforma di Intesa San Paolo e Intrum che prevedeva la cessione di un portafoglio di circa 10,4 miliardi di euro in NPL. Possiamo anche citare la joint venture tra Banco BPM e credito fondiario per 7,6 miliardi di euro, la piattaforma Juliet Mps, Quaestio e Cerved di 24,1 miliardi di euro e infine il “Project info” di Unicredit, Pimbo e Fortress di circa 17,7 miliardi di euro. Queste operazioni sono state molto importanti e di grande portata se consideriamo il fatto che prima il valore di queste joint venture si aggirava sui due miliardi di euro, come quella tra Creval e Cerved.


BAD BANK E SIMILI

Con il termine di “bad bank” si indica un istituto di credito, che riceve dei beni svantaggiosi, che hanno perso il loro valore, e prestiti dannosi, ossia debiti che molto difficilmente verranno saldati, da parte di altri istituti di credito e organizzazioni. Le bad bank vengono create ad hoc proprio dalle banche che hanno difficoltà nello smaltire grandi quantità di crediti deteriorati. Con questo tipo di operazioni gli istituti bancari si sdoppiano, cedendo parte del loro portafoglio a delle nuove società che aiuteranno le banche in questione a gestire le perdite derivanti da titoli anomali, tossici e poco esigibili. I primi esempi di bad bank possono essere rinvenuti in Svezia dove, durante la crisi degli anni 90, venne creata una delle prime, la Securum. In Italia invece il primo esempio di questo istituto interessò il Banco di Napoli agli inizi del 2000, acquisito da Intesa San Paolo, che in seguito utilizzò la Società per la Gestione delle Attività per recuperare i crediti in sofferenza e far rientrare il 94% delle esposizioni del Banco di Napoli. In seguito con la legge n. 119/2016 il Ministero dell’economia e delle finanze acquisisce da Intesa San Paolo il 100% proprio di SGA per soli 600 mila euro, dando la possibilità a questa società di acquistare sul mercato le attività finanziarie, i crediti e le partecipazioni di altri istituti bancari. Nel 2017 con decreto-legge n. 99/2017 si prescrive a Veneto Banca e alla Banca popolare di Vicenza, in liquidazione coatta amministrativa, di cedere a SGA i loro crediti deteriorati, le aziende controllate e le attività non acquisite da Intesa San Paolo, per un ammontare di circa 18 miliardi di euro. Nel 2019 SGA cambia nome diventando quella che oggi è conosciuta con il nome di AMCO. Le funzioni della società sono indicate all’articolo 3 dello statuto, in cui si riporta che quelle principali consistono nell’ "attività di gestione e recupero giudiziale e stragiudiziale per conto terzi di crediti e rapporti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario [...]". Sempre tra il 2018 e il 2019 AMCO acquisisce due portafogli dal Gruppo Carige, 1,7 miliardi di euro, e dalla Banca del Fucino per 100 milioni di euro. Proprio per questa sua attività nel settore del recupero crediti AMCO è attualmente una delle società che più investe nel mercato della gestione e del recupero dei crediti deteriorati.


Bibliografia:

Presentazione sui NPL, Bocconi Students for real estate, Copernicus, Avv. Francesco Mocciaro e Avv. Davide Vincenti

Presentazione “Non-performing exposures: definizioni e regolamentazioni”, Dott. Luigi Iannilli per ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Roma

Statuto di AMCO, articolo 3

Bad Bank, glossario di Borsa Italiana

“Com’era buona quella Bad Bank”, “Corriere della sera”, 22 maggio 2009, Mariarosaria Marchesano.

61 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page