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A. Coppola, F. Condò

Le principali novità introdotte dalla Legge Capitali

Aggiornamento: 3 apr 2024

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo della L. 5 marzo 2024, n. 21 recante “interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti” (la “Legge”), che entrerà in vigore a far data dal 27 marzo 2024. L’obiettivo ultimo è quello di rendere il mercato finanziario nazionale più attraente nonché quello di agevolare la quotazione in borsa delle PMI. Di seguito alcune delle principali innovazioni introdotte con il provvedimento in esame.

 

1.     Voto plurimo e voto maggiorato

 

Una prima significativa novità riguarda la disciplina del voto plurimo e del voto maggiorato di cui, rispettivamente, agli artt. 2351 c.c. e 127-quinquies TUF. La normativa attualmente in vigore era stata introdotta nel 2014 rappresentando un primo passo verso il superamento del principio da tempo consolidatosi nel nostro ordinamento “una azione – un voto”. Tuttavia, uno degli aspetti più limitanti della novella legislativa era rappresentato dal fattore di moltiplicazione (rispettivamente 1:3 nel voto plurimo e 1:2 nel voto maggiorato). Tale limitazione si è rilevata nel tempo uno svantaggio competitivo per il nostro ordinamento portando alcune importanti realtà industriali a quotarsi sui mercati stranieri per beneficiare dei maggiori margini di autonomia statutaria offerti dalle normative societarie estere. Infatti, dalla Proposta di Direttiva europea sulle strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l’ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un mercato di crescita per le PMI emerge che “uno dei principali motivi che dissuadono i fondatori e le famiglie dalla decisione di quotarsi in borsa è il timore di perdere il controllo sulla società una volta quotata”, dunque divenendo l’adozione del voto plurimo “un meccanismo efficace per consentire ai proprietari di mantenere i poteri decisionali in una società, raccogliendo nel contempo fondi nei mercati pubblici”.

 

L’art. 13 della Legge modifica l’art. 2351, comma 4, c.c. incrementando da 3 a 10 il numero di voti che può essere assegnato, per statuto, a ciascuna azione a voto plurimo. Si ricorda che il voto plurimo può essere introdotto dalle società chiuse o con azioni quotate su sistema multilaterale di negoziazione. Per le società le cui azioni sono ammesse alle negoziazioni sul mercato regolamentato, rimane, invece, il divieto di introdurre negli statuti le azioni a voto plurimo dopo la quotazione. Tuttavia, nel caso in cui tali società abbiano già emesso tale categoria di azioni prima dell’inizio delle negoziazioni sul mercato regolamentato, le azioni a voto plurimo potranno mantenere le loro caratteristiche e i loro diritti anche successivamente alla quotazione.

 

Per quanto concerne il voto maggiorato, il nuovo art. 127-quinquies TUF prevede la possibilità di attribuire statutariamente un voto maggiorato alle azioni appartenute ad un medesimo soggetto per un periodo di almeno due anni, con la facoltà di attribuire un voto ulteriore per ogni successivo periodo annuale di appartenenza, fino ad un massimo di dieci voti per azione. La misura tende a promuovere il ruolo degli azionisti “fedeli” interessati ad implementare politiche industriali orientate alla crescita e alla creazione di valore nel lungo periodo. Ciò dovrebbe avere un impatto positivo sul finanziamento delle imprese, sulla loro capitalizzazione e sullo sviluppo del mercato.

 

2.     Emissioni di obbligazioni e titoli di debito

 

Un’ulteriore modifica riguarda gli artt. 2412 e 2483 c.c. in tema di emissioni di obbligazioni per le S.p.A. non quotate e di titoli di debito delle S.r.l.

 

In primo luogo, la misura del doppio del capitale che limita l’emissione obbligazionaria nelle S.p.A. va ora riferita al capitale risultante dall’ultima delle iscrizioni di cui all’art. 2444, comma 1, c.c. (attestazione di avvenuta esecuzione dell’aumento di capitale). Inoltre, in deroga ai commi 1 e 2 dell’art. 2412 c.c., le obbligazioni delle S.p.A. potranno essere emesse per una somma complessivamente eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato quando la sottoscrizione e la successiva circolazione è riservata esclusivamente a investitori professionali, senza necessità di interposizione dell’investitore professionale sottoposto a vigilanza prudenziale a garanzia della solvibilità dell’emittente, a condizione che ciò risulti tra le condizioni dell’emissione (senza facoltà di modifica).

 

Infine, anche rispetto ai titoli di debito delle S.r.l., viene meno l’obbligo di interposizione da parte di un investitore professionale soggetto a vigilanza prudenziale, nelle ipotesi in cui l’acquirente di titoli di debito sia un investitore professionale, anche se non soggetto a vigilanza prudenziale.

 

3.     Lista del CdA

 

La Legge introduce una disciplina compiuta di un fenomeno ormai consolidatosi nella prassi degli ultimi anni, quello del riconoscimento al consiglio di amministrazione uscente, mediante l’introduzione di una apposita clausola statutaria, del potere di presentare una propria lista di candidati per il rinnovo dell’organo amministrativo.

 

La diffusione di questo tipo di previsioni statutarie si giustifica alla luce di ragioni tutte riconducibili al mutamento degli assetti proprietari che ha interessato il mercato dei capitali italiano negli ultimi anni.

Con l’entrata in vigore della c.d. Legge sul Risparmio (l. 262/2005), con cui il legislatore estese l’obbligatorietà del sistema del voto di lista all’elezione del Consiglio di amministrazione, gran parte degli emittenti presentava un azionariato particolarmente concentrato, con un socio o un gruppo di soci saldamente in grado di indirizzare la volontà assembleare. In tale prospettiva, il voto di lista fu dunque pensato per garantire alle minoranze azionarie una adeguata rappresentanza in seno all’organo amministrativo.

Tuttavia, gli equilibri fino a quel momento delineati dal provvedimento normativo appena citato e dalla prassi risultarono gradualmente modificati dalla progressiva apertura del mercato all’ingresso di investitori istituzionali e dal sempre maggior rilievo attribuito della partecipazione di questi al capitale sociale degli emittenti.

 

La cornice sistematica del voto di lista appariva quindi eccessivamente rigida e non del tutto idonea a carpire le evoluzioni del mercato. Questo è quanto si riscontra soprattutto nelle società che presentano una compagine azionaria in cui il primato degli azionisti di maggioranza relativa rischia di essere costantemente messo in discussione dall’attivismo delle minoranze nella partecipazione ai processi decisionali.

 

In tale contesto, anche le funzioni del board hanno subito un progressivo mutamento. Nell’attuale realtà socio-economica, il consiglio di amministrazione diviene accentratore di una pluralità di interessi, che vede nel perseguimento del successo sostenibile dell’emittente la propria direttrice fondamentale. Ne deriva una marcata accentuazione della funzione collegiale dell’organo amministrativo, che si riflette anche sui processi di selezione dei candidati. La nomina del nuovo board, lungi dall’essere un mero “affare tra soci”, vede pertanto nell’organo amministrativo uno degli attori principali e la circostanza che quest’ultimo presenti una propria lista di candidati rappresenta un naturale esito delle dinamiche che ne guidano l’agire.

 

Alla luce di tali circostanze, la Legge, con l’introduzione del nuovo art. 147-ter TUF, stabilisce che, gli emittenti che intendano riconoscere al CdA uscente la facoltà di presentare una lista per la nomina del nuovo organo amministrativo, dovranno adeguare i propri statuti in modo da consentire tale possibilità a decorrere dalla prima assemblea convocata per una data successiva al 1° gennaio 2025.

 

Il CdA uscente delibererà sulla presentazione della lista con il voto favorevole dei 2/3 dei suoi componenti. Lista, questa, che dovrà presentare un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere maggiorato di 1/3 e dovrà essere depositata e resa pubblica almeno 40 giorni prima rispetto alla data dell’assemblea convocata per deliberare sulla nomina dell’organo amministrativo.


Se la lista del CdA uscente ha ottenuto il maggior numero di preferenze, da quest'ultima è tratto, in base al numero di ordine progressivo con il quale i candidati sono elencati, il numero dei consiglieri ad essa spettanti con le seguenti modalità:

 

  1. L’assemblea procede a un’ulteriore votazione individuale su ogni singolo candidato;

  2. i candidati sono ordinati sulla base del numero di voti da ciascuno di essi ottenuto dal più alto al più basso;

  3. risulteranno eletti i candidati che abbiano ottenuto i maggiori suffragi, in ragione dei posti da assegnare;

  4. in caso di parità tra candidati si procede in base all'ordine progressivo con il quale i medesimi sono elencati nella lista.

Viene pur sempre fatta salva la rappresentanza delle minoranze all’interno dell’organo amministrativo prevedendo che almeno uno dei componenti del CdA sarà espressione della lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e che non risulti in alcun modo collegata con i soci che hanno presentato o votato la lista prima per numero di voti e questo in ragione di quanto è statuito dai commi 3 e 4 dell’art. 147-ter TUF.

 

Con le introduzioni normative appena descritte si è voluto quindi formalmente riconoscere all’organo amministrativo un ruolo centrale nella conduzione dell’ente che questo è chiamato ad amministrare, soprattutto nella prospettiva della continuazione della vita operativa di società sempre più spesso partecipate da soggetti estranei alla loro gestione. 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

 

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