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Legaltech & AI: Investing in the Future of Law

  • P. Azzaretto
  • 18 ott
  • Tempo di lettura: 6 min

Giovedì 9 ottobre si è tenuto presso l’Università Bocconi di Milano un importantissimo incontro volto ad esplorare le sfide del futuro nel settore legale, rivolgendo particolare attenzione alle modalità con cui la sempre più presente intelligenza artificiale incide nella professione forense. A permetterne l’organizzazione e la buona riuscita è stata l’associazione studentesca Corporate Law Academy, in collaborazione con il Professor Francesco Paolo Patti che ha moderato l’incontro. Durante l’evento sono intervenuti ospiti d’eccezione. Ha preso parte all’incontro l’avvocato Giulia Bianchi Frangipane, partner presso BonelliErede, mentre dallo studio Gianni&Origoni ci hanno raggiunto il partner Stefano Mele e la associate Flavia Bavetta. Di fondamentale importanza anche gli interventi dell’avvocato Andrea Fedi, partner presso Legance, e di Attilio Abeille, GTM presso Legora.

Venture Capital in Italia: crescita, limiti e nuove prospettive

A dare inizio all’evento è stata l’avvocato Frangipane che ha voluto aprire il suo intervento parlando del Venture Capital in Italia ed in particolare della sua crescita negli anni più recenti. Questo settore ha riconosciuto un significativo sviluppo immediatamente dopo la fine dell’epidemia di Covid-19, grazie soprattutto a NextGenerationEU (NGEU), uno strumento temporaneo dell’Unione Europea con lo scopo di stimolare la ripresa economica e sociale post-pandemica. Il catch-up italiano rispetto ad altre nazioni europee ed extraeuropee è rimasto però parziale: la nostra market cap nel 2024 è ancora ampiamente migliorabile se messa in relazione con le dimensioni globali del private equity. Ciò è dovuto soprattutto alla presenza prevalente di fondi di dimensione ridotta nel nostro mercato che, oltre a riscontrare difficoltà nel sostenere la crescita delle partecipate fino all’exit, portano gli investimenti ad essere inferiori rispetto alla media europea. Nel 2025 il mercato ha visto l’ingresso di nuovi “operatori qualitativi”, ossia investitori più sofisticati ed analitici in grado di fornire maggiore attenzione alle start-up ancora non in grado di produrre utili significativi, ma dotate di grande potenziale. L’obbiettivo è scovare i “campioni del futuro” e, non potendo ricorrere ai tradizionali parametri di reddittività come l’EBITDA, la valutazione si deve basare su metriche diverse. Esse risultano essere più “soft” ma comunque in grado di stimare l’effettivo potenziale delle start-up (go-to-market timing, team composition, scalabilità o indicatori di retention).

Legal Tech: evoluzione tecnologica e sfide etiche negli studi legali

La seconda parte di questo intervento è stata invece dedicata al Legal Tech e a come esso possa rappresentare un’evoluzione del settore legale tradizionale. La tecnologia negli studi legali è ormai un asset strategico irrinunciabile che incide notevolmente su produttività, qualità e competitività. Il vantaggio competitivo per gli avvocati del futuro non risiede tanto nell’avere a disposizione strumenti tecnologici avanzati ma nella capacità del professionista legale di impostare correttamente un prompt da affidare alla macchina affinché si possa ottenere un prodotto migliore. In questo senso l’intelligenza artificiale può essere considerata come un assistente dotato di straordinaria capacità di calcolo ma comunque dipendente dal professionista. Il Legal Tech porta quindi con sé molti possibili vantaggi ma richiede anche moltissima attenzione nell’utilizzo. Infatti, l’avvocato deve sempre mantenere il controllo del risultato ottenuto, soprattutto se si considerano casi passati dove l’AI ha addirittura fatto riferimento a sentenze inesistenti pur di dover fornire a tutti i costi una risposta. L’ultimo tema importante sollevato è quello dell’integrazione nei sistemi interni delle grandi law firms. Queste tendono a adottare modelli collegati direttamente ai repositories dello studio, sollevando però così problematiche di protezione dati e confidenzialità. Se un sistema AI ha accesso ai dati dei clienti, il rischio di esposizione informativa è elevato.

Andrea Fedi e la nascita della “Lex Tecnica”

Il partner di Legance Andrea Fedi ha dato il via al suo intervento sottolineando la presenza di un nuovo “ordinamento giuridico” che invece di regolare il contenuto regola lo strumento utilizzato, con tutte le problematiche a ciò annesse. L’avvocato ha voluto mettere in evidenza, paragonando i giorni nostri all’età medievale, l’esistenza di una miriade di autorità indipendenti che affiancano lo Stato nella regolazione della vita dei consociati. Ciò costringe di fatto il giurista a dover interpretare norme derivanti da autorità diverse per essere in grado di fornire un parere adeguato sulla singola fattispecie concreta. In questo contesto altamente confusionario lo Stato non è più in grado di fornire delle regole chiare ma impone che vengano adottate delle misure “adeguate”, senza però neanche chiarire il significato di quest’ultimo termine. Questo aspetto si può riscontrare anche nell’intelligenza artificiale: cosa significa che si deve adottare un sistema “adeguato” di gestione dell’intelligenza artificiale? Assolutamente nulla. Il giurista deve essere però in grado di trovare degli “indici di adeguatezza” e dunque, come può fare? La risposta dell’avvocato è che essi sono ricavabili dall’analisi di norme provenienti da autorità nazionali diverse, poiché la “Lex Mercatoria” si è ormai trasformata in una “Lex Tecnica”. Ciò che importa veramente è dunque capire dai “tecnici” le misure da adottare, ma tale tecnicità rende la stessa “Lex Tecnica” universale e trasversale. In tutto questo scenario a modificarsi è anche il ruolo dell’avvocato come conseguenza di una trasformazione del potere decisionale. L’introduzione dell’AI nella gestione d’impresa incide certamente sulla “Business Judgment Rule”. Questo comporta che un amministratore, il quale decida di non utilizzare strumenti di intelligenza artificiale che avrebbero potuto migliorare il processo decisionale, possa essere accusato di abuso d’ufficio. Per liberarsi da tali responsabilità i vertici assegneranno deleghe a valle. Qui subentra il ruolo dell’avvocato che, possedendo capacità ibride giuridiche e tecnologiche, passa da essere un semplice studioso del diritto a dover essere in grado, almeno in parte, di guidare l’attività dei propri clienti.

Stefano Mele: curiosità e adattamento come chiavi per il futuro del diritto

“I campioni non si costruiscono in palestra ma da qualcosa che hanno dentro” così il partner Stefano Mele nel suo intervento di grande ispirazione che ha messo al centro l’importanza della curiosità. L’avvocato ha tenuto a sottolineare come il futuro del diritto non siano gli algoritmi d’intelligenza artificiale ma le prossime generazioni di avvocati che hanno il dovere di approfondire temi nuovi ed importanti come l’applicazione delle recenti tecnologie all’interno del settore legale. Stefano Mele ha ripercorso la sua storia partendo dalla passione per le tecnologie, da sempre fondamentale nella sua vita, e ha spiegato come sia riuscito a modellare il suo percorso professionale per non abbandonare la propria curiosità. Oggi, occupandosi di cybersecurity law, si rende conto del ruolo sempre più centrale della tecnologia nel mondo legale e di quanto sia fondamentale per i giovani rimanere al passo con i tempi. La preoccupazione, dunque, non è da rivolgersi alla mancanza di nuovi avvocati ma alla possibilità che essi non siano in grado di evolversi insieme al diritto. Per evitare ciò è di cruciale importanza che la loro curiosità si estenda alla parte tecnica che permetterà loro di raggiungere un obbiettivo prefissato. È in sostanza fondamentale che chiunque decida di iniziare la professione legale nel 2025 sia in grado di utilizzare i nuovi strumenti tecnologici a disposizione, che oggi coincidono con gli algoritmi di intelligenza artificiale, per non rischiare di trovarsi automaticamente escluso da opportunità lavorative di rilievo.


Flavia Bavetta: tra diritto, tecnologia e accademia

L’intervento di Flavia Bavetta, dottorata in Università Bocconi ed associate presso Gianni&Origoni, ha avuto lo scopo di dare una visione a metà tra quella dell’avvocato nel settore della cybersecurity law e quella accademica. L’avvocato che oggi lavora in questo settore si trova di fronte a sé un ecosistema normativo complesso “in evoluzione frenetica”, che intreccia tra loro più tematiche (cybersecurity, intelligenza artificiale, content moderation ecc.). La sfida principale deve essere quella di tutelare i diritti fondamentali della persona anche davanti all’AI, per mezzo della “ipertrofia legislativa” appena descritta in grado di darci garanzie importanti. Se si parla per esempio di protezione dei dati personali, Europa e America sono su due livelli molto diversi. Mentre l’UE si è immediatamente dotata di un regolamento sull’intelligenza artificiale in grado di assolvere anche a tale funzione, in America i già modesti sforzi dell’amministrazione Biden sono stati vanificati dall’ascesa trumpiana che ha privilegiato gli interessi delle big tech a discapito della protezione dei dati delle persone fisiche. Ulteriore sfida che si presenta dinnanzi agli avvocati che si occupano del settore informatico, che quindi devono essere dotati di competenze tecniche, è quella di trasformare un principio astratto giurisprudenziale in un’istruzione concretamente applicabile all’interno della macchina. L’avvocato Bavetta ribadisce poi la rilevanza della parte accademica nel settore in quanto essa, se pur non analizza i casi concreti come nel caso di un professionista dell’attività forense, è in grado di dare una visione d’insieme delle tematiche e dunque certamente di aiutare anche un avvocato ad interpretare i principi espressi dal legislatore.

Legora: l’intelligenza artificiale al servizio degli studi legali

Ultimo, ma sicuramente non per importanza, l’intervento del manager di Legora Attilio Abeille che ha voluto, partendo dalla storia della società, raccontare in che modo loro assistano studi legali ed avvocati tutti i giorni. Legora è una realtà nata due anni fa ma che è riusicita, grazie alla competenza dei suoi dipendenti e all’efficienza della piattaforma stessa, a riscuotere già molto successo. Sorta da una collaborazione con uno studio legale svedese, Legora è una piattaforma estremamente sviluppata di intelligenza artificiale generativa specifica per il settore legale. Un aspetto fondamentale affinché Legora risulti essere uno strumento competitivo è la capacità di chi la usa di fornire comandi corretti per garantire l’ottenimento di un prodotto perfetto alle esigenze del caso concreto. In questo senso il manager Abeille sottolinea l’importanza di inserire all’interno del prompt dato in analisi alla macchina tre elementi: l’obbiettivo, il contesto ed il formato del prodotto richiesto. L’intervento si è concluso con una dimostrazione pratica all’interno della piattaforma che ha reso evidente le grandiose capacità quantitative del sistema e le innumerevoli funzionalità alle quali è in grado di assolvere.

 
 
 

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