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Tiktok Ban – Una Piattaforma per la Condivisione Video al Centro del Dibattito sulla Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti

  • L. Bellomo
  • 6 ott
  • Tempo di lettura: 11 min

TIK-TOK: DALL’ORIGINE ALLA FUSIONE CON MUSICAL.LY

TikTok è un social network per la condivisione di brevi video, lanciato per la prima volta nell’autunno 2017 dalla società cinese ByteDance Ltd. come versione internazionale della piattaforma Douyin, che in un solo anno dalla sua nascita aveva raggiunto i 100 milioni di utenti in Cina.

Nel quadro di questa espansione oltreoceano, il 9 novembre 2017, ByteDance ha acquisito, per una cifra vicina al miliardo di dollari, Musical.ly Inc., startup fondata nel 2014 a Shanghai e produttrice dell’omonima applicazione, che stava riscuotendo un notevole successo anche tra i giovani statunitensi ed europei [1][2].

A tale operazione è seguita, il 2 agosto 2018, una fusione tra le due piattaforme con incorporazione di Musical.ly all’interno di TikTok, conseguente rimozione dal mercato del primo prodotto e trasferimento automatico degli account nella nuova e rinnovata app [3].

A partire da questo momento, TikTok ha iniziato la propria ascesa fino a imporsi come leader nel mondo dei social, contando oggi più di 1,5 miliardi di utenti attivi. Tale percorso l’ha anche portata al centro del dibattito sulla privacy e sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

TIKTOK BAN – PRIMA PRESIDENZA TRUMP

I primi attriti tra il colosso cinese e le autorità di Washington sono emersi nel febbraio 2019, quando la Federal Trade Commission (FTC), agenzia federale con funzione di tutela dei consumatori e di prevenzione di pratiche commerciali anticoncorrenziali [4], ha annunciato di aver raggiunto con ByteDance un accordo in relazione alle accuse di raccogliere illecitamente dati di minori [5].

Per la FTC TikTok avrebbe violato il Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA), che prevede il consenso dei genitori per raccogliere informazioni personali di chiunque abbia meno di 13 anni [6].

La piattaforma, popolata in larga parte da under-13, richiedeva, infatti, per registrarsi, un indirizzo e-mail, un numero di telefono, nome e cognome. Inoltre, gli utenti erano tenuti a pubblicare una breve biografia e ad impostare una foto profilo, visibili a chiunque anche per account privati. Tra le presunte violazioni del COPPA rientravano anche quelle riguardanti il sistema di messaggistica, che permetteva agli adulti di contattare direttamente i giovanissimi utilizzatori, nonché la funzionalità che tra il 2014 e il 2016 consentiva di visualizzare altri utenti entro un raggio di 50 miglia.

Nella denuncia, la FTC sosteneva che TikTok fosse a conoscenza dell’illiceità delle informazioni e del loro ottenimento, come emergeva da migliaia di segnalazioni dei genitori, ma non avesse provveduto ad adeguarsi alla normativa sulla privacy [7].

L’intesa prevedeva l’interruzione della raccolta di informazioni sensibili di minori, l’eliminazione di quelle già ottenute e l’introduzione di un nuovo sistema di verifica dell’età, oltre al pagamento di una sanzione da 5,7 milioni di dollari, la più alta sanzione civile mai comminata dalla FTC per un caso di privacy dei minori.

La diffidenza dell’amministrazione americana nei confronti di ByteDance e del suo prodotto di punta è cresciuta con il tempo. Un report investigativo del think tank Peterson Institute for International Economics aveva descritto TikTok come una minaccia per la sicurezza nazionale, in termini soprattutto di rischi per il personale militare. L’app, infatti, sarebbe stata in grado di raccogliere e trasmettere dati sensibili – come posizione, immagini e dati biometrici – alla società madre cinese che, secondo la China Internet Security Law, non avrebbe potuto rifiutarsi di condividerli con il governo di Pechino [8].

A queste preoccupazioni sono andati ad aggiungersi i malumori personali del presidente Trump riguardo a mobilitazioni sul social network che, a suo dire, nel giugno 2020, avrebbero fatto fallire un suo comizio elettorale a Tulsa, prenotando biglietti poi non utilizzati [9].

Questi elementi hanno rappresentato il preludio all’azione di Washington, concretizzatasi in una serie di executive orders (EO) presidenziali – direttive emanate dal Presidente degli Stati Uniti con forza di legge [10].

Il 6 agosto 2020, con l’EO 13942 [11], l’inquilino della Casa Bianca ha annunciato che, dopo 45 giorni dalla firma del provvedimento, sarebbero state vietate, per ogni persona e in relazione a qualunque proprietà soggetta alla giurisdizione statunitense, le transazioni con ByteDance Ltd. Nei fatti, si andava ad imporre una deadline di 45 giorni per la cessione, ad una società americana, di TikTok, già in trattative con vari multinazionali, tra cui Microsoft e Oracle [12][13].

Il 14 agosto 2020, è stato emanato un secondo EO [14] che, in maniera più precisa del precedente, imponeva a ByteDance la cessione di tutti i propri asset e attività americane, nonché ogni dato ottenuto dagli utenti statunitensi, entro 90 giorni. La società asiatica, inoltre, avrebbe dovuto certificare, al momento della cessione, la distruzione di tutte le informazioni relative ad account a stelle e strisce. Infine, veniva previsto un potere di veto, sull’acquisizione, a favore del Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS), comitato interagenzia che analizza gli investimenti esteri nella Land of the Free e le implicazioni che questi hanno in tema di sicurezza nazionale [15].

Il colosso tech ha reagito intentando una causa nei confronti del Governo federale, per una presunta violazione dei due process rights del V Emendamento. Infatti, secondo il ricorrente, l’ordine non era mosso da una reale emergenza di sicurezza nazionale e l’Amministrazione non sarebbe stata in grado di provare che le attività del social rientravano nello standard della unusual and extraordinary threat, richiesta dall’International Emergency Economic Powers Act, indicato da Trump come base giuridica del provvedimento. [16].

Parallelamente ai procedimenti in tribunale, sono proseguite le trattative per la vendita dell’applicazione, con gli EO nel frattempo rimasti esecutivi. Trattative che, nel settembre 2020, sembravano esser giunte a conclusione, con un consorzio formato da Oracle e Walmart che, inseritosi all’ultimo, aveva superato Microsoft [17], a lungo considerata in pole position.

Secondo un comunicato congiunto delle due multinazionali, pubblicato il 19 settembre 2020 [18], l’accordo avrebbe dovuto strutturarsi nella forma di una partnership, piuttosto che di una acquisizione vera e propria da parte del gruppo nordamericano. In particolare, Oracle e Walmart avrebbero acquistato rispettivamente il 12,5 e il 7,5% della neonata TikTok Global, divenendo azionisti di minoranza, in una fase di pre-IPO (pre-initial public offering) - ossia in una fase precedente alla quotazione in un mercato regolamentato [19]. Tale soluzione aveva trovato anche il benestare di Trump, ma non si è concretizzata.

Le ragioni erano molteplici: partendo dal disaccordo sui termini esatti, con ByteDance convinta nel voler mantenere una quota dell’80% in TikTok Global, mentre Oracle e l’amministrazione Trump spingevano verso un disinvestimento assoluto da parte del gigante cinese [20]; passando per la preliminary injunction – un’ingiunzione, che può esser garantita prima o durante il processo, con lo scopo di preservare lo status quo prima del giudizio finale [21] – volta a impedire la messa al bando dell’app, approvata dal giudice Carl Nichols il 27 settembre 2020 [22]; arrivando all’elezione di Biden nel novembre 2020.

 

 

TIKTOK BAN – LA PRESIDENZA BIDEN

Nel giugno 2021, Il neoeletto presidente ha emanato l’EO 14034 [23], con il quale è andato a revocare il ban promosso dal suo predecessore, ordinando invece al Secretary of Commerce di indagare su TikTok per determinare se effettivamente potesse rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale [24].


L’odissea dell’applicazione di video brevi in territorio USA è continuata all’insegna di innumerevoli scandali, tra cui quello riportato da BuzzFeed News nel giugno 2022. Nonostante per anni, di fronte alle accuse in tema di privacy, TikTok avesse sostenuto che le informazioni relative agli utenti negli Stati Uniti non sarebbero state archiviate in Cina, gli audio esaminati dalla testata newyorkese – aventi ad oggetto conversazioni da più di 80 riunioni interne di TikTok – dimostravano come dipendenti di ByteDance a Pechino avessero ripetutamente avuto accesso a dati non pubblici sugli utenti statunitensi.


Tale problema andava ad assumere le dimensioni di un rischio alla sicurezza della nazione dato che, secondo la Data Security Law cinese, il Governo ha il potere di regolamentare le pratiche di aziende private per l’archiviazione e la gestione delle informazioni, se queste raccolgono core data (dati essenziali), termine ampio che può indicare qualunque cosa Pechino consideri una preoccupazione di carattere pubblico [25][26].


A seguito di queste rivelazioni, vi sono stati numerosi appelli per la rimozione del programma dagli store digitali, tra cui quello di Christopher Wray, al tempo direttore dell’FBI. Diversi stati a trazione repubblicana, tra cui il South Dakota (EO 2022-10), hanno imposto un veto sull’installazione di TikTok sui government-issued devices, includendo ogni dispositivo in grado di connettersi a Internet [27].

Nel dicembre 2022, il Senato degli Stati Uniti ha approvato all’unanimità il disegno di legge del cd. No TikTok on Government Devices Act, volto a proibire l’installazione e l’utilizzo dell’app su telefoni, computer e altri devices forniti dal governo federale o da società governative [28]. Incluso poi nel Consolidated Appropriations Act 2023 – disegno di legge consolidato sulla spesa federale per l’anno 2023 - e votato di nuovo nelle due Camere, è divenuto legge il 29 dicembre 2022 [29].

L’ultimo intervento significativo dell’amministrazione democratica in tema TikTok e sicurezza nazionale è rappresentato dalla firma presidenziale, il 24 aprile 2024, della Public Law 118-50 [30], contenente il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Application Act (PAFACA).

Inserendo il PAFACA in un appropriation bill – ossia in un disegno di legge per stanziare fondi federali a specifici dipartimenti, agenzie e programmi federali – che riguardava anche il finanziamento delle forze armate ucraine e della difesa missilistica israeliana, i repubblicani promotori alla Camera hanno certamente esercitato pressione sugli altri legislatori, anche del Senato, facendo sì che questi dovessero effettuare una unica votazione a favore o contro sull’intero pacchetto.

Il PAFACA prevedeva l’interdizione dei servizi di social-networking considerati foreign adversary controlled application – specificando che nella definizione rientrava ogni piattaforma gestita da ByteDance o TikTok - entro 270 giorni, qualora il presidente li avesse ritenuti un pericolo per la sicurezza nazionale.

Più nello specifico, il provvedimento proibiva la distribuzione, il mantenimento o l’aggiornamento, da parte di gestori di servizi di hosting web e di app store, di tutte quelle piattaforme che avessero mantenuto o acquisito, trascorsi 270 giorni dall’entrata in vigore (con la possibilità di una 1-time extension di 90 giorni), la qualifica di foreign adversary controlled application. Tuttavia, rimanevano esentate le foreign adversary controlled application per le quali una qualified divestiture fosse intervenuta entro la data del divieto.

ByteDance ha risposto, nel maggio 2024, intentando una causa presso la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Circuito del Distretto di Columbia, oggi conosciuta come TikTok Inc. v. Garland, in cui contestava la legittimità costituzionale della legge per violazione del I e del V Emendamento. In particolare, nella petition attorea si sosteneva che la messa al bando dell’applicazione, in caso di mancata cessione, sarebbe stata in violazione dei free speech rights della società e degli utenti della piattaforma. Inoltre, il Congresso veniva accusato di aver violato il principio di eguaglianza di fronte alla legge (V Emendamento), prevedendo per ogni società delle possibilità di evitare il ban, ad esclusione di TikTok Inc. e ByteDance Ltd., considerate aprioristicamente delle gravi minacce. Sulla base di queste censure, si andava a richiedere un declaratory judgement che prevenisse l’attuazione del PAFACA [31][32].

Il 6 dicembre 2024, la Corte d’Appello ha rigettato le argomentazioni di incostituzionalità del ricorrente, ritenendo che la legge non fosse in contrasto con il I Emendamento, né contravvenisse alla garanzia di eguaglianza di fronte alla legge, da rinvenirsi – oltre che nel XIV Emendamento - nella due-process clause del V Emendamento [33]. La decisione è stata prontamente impugnata, il 16 dicembre, dinnanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti (SCOTUS).

TIKTOK BAN – SECONDA PRESIDENZA TRUMP

Dal novembre 2024, la vicenda del TikTok Ban ha finito inevitabilmente per intrecciarsi con la rielezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti d’America. Infatti, già prima del suo insediamento, il tycoon aveva presentato un amicus brief richiedendo alla Corte Suprema di sospendere l’esecuzione della legge, senza prendere una decisione, fino almeno all’inizio del suo mandato [34].

Nonostante questo tentativo, il 17 gennaio, la SCOTUS ha emanato all’unanimità una sentenza che confermava la legittimità costituzionale del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Application Act [35], aprendo alla sua attuazione a scadenza del termine, il 19 gennaio.

Il 18 gennaio, a seguito di un comunicato stampa della piattaforma cinese, l’app è divenuta inaccessibile negli Stati Uniti. Gli utenti che hanno provato ad accedere hanno visualizzato il seguente messaggio: "Spiacenti, TikTok non è al momento disponibile. Negli Stati Uniti è stata promulgata una legge che vieta TikTok. Purtroppo, ciò significa che per ora non è possibile utilizzare TikTok. Siamo fortunati che il presidente Trump abbia indicato che collaborerà con noi per trovare una soluzione per ripristinare TikTok una volta entrato in carica. Restate sintonizzati!" [36].

Il 20 gennaio 2025, primo giorno del suo secondo mandato – cambiando drasticamente posizione rispetto al suo primo incarico presidenziale - Trump ha firmato l’EO 14166 [37], con cui ha posposto l’enforcement del PAFACA di altri 75 giorni, istruendo il Procuratore generale a non intraprendere alcuna azione per far rispettare la legge in quel periodo e ordinando al Dipartimento di Giustizia di non dargli esecuzione né di imporre sanzioni per la sua inosservanza. Poche ore dopo, il servizio social era stato ripristinato per gli utenti statunitensi; fino al 13 febbraio, però, è stato impossibile scaricare l’app dagli store di Google e Apple.

Dal punto di vista giuridico, tale misura ha sollevato non poche problematiche. In particolare, il PAFACA consentiva un’unica proroga del termine di 90 giorni solo in presenza di trattative o accordi per la qualified divestiture, che non risultavano in corso. Pertanto, ci si è chiesti se il Presidente potesse sospendere la norma federale e ordinare al Procuratore generale di non applicarla per un periodo di tempo determinato. Alcuni studiosi si sono espressi negativamente sull’ordine, ritenendo che quanto in esso contenuto eccederebbe i poteri presidenziali, che non attribuiscono l’autorità per abrogare la legge ed esonerare da responsabilità chi la viola mentre non viene applicata [38][39]. Nonostante questi dubbi sulla sua legittimità, il provvedimento è rimasto perfettamente efficace.

Alla scadenza dell’EO, il 5 aprile 2025, in assenza di cessione dell’applicazione, avrebbe dovuto trovare attuazione l’atto legislativo emanato durante la presidenza Biden. Il giorno prima, però, il POTUS aveva firmato un altro EO, il numero 14258 [40], che andava a estendere l’applicazione del precedente fino al 19 giugno. Termine prorogato una terza e una quarta volta, con l’EO 14310 [41] e il 14350 [42], prima fino al 17 settembre 2025, e poi fino al 16 dicembre 2025. Anche in questi casi, come per il primo differimento, è rimasta opaca la base legale che ha giustificato il rinvio.

TIKTOK BAN - COSA SUCCEDE IN QUESTI GIORNI?

Il 15 settembre, dopo giorni di negoziati a Madrid, Trump ha annunciato di aver raggiunto un accordo di massima per l’applicazione, che dovrebbe coinvolgere “a group of very big companies that want to buy it” [43]. Successivamente, il 20 settembre ha riferito di una lunga telefonata con il presidente cinese Xi Jinping, durante la quale si sarebbe discusso della piattaforma. Infine, il 25 settembre ha firmato l’EO denominato “Saving TikTok while Protecting National Security” [44], con cui ha riconosciuto formalmente l’esistenza di un Framework Agreement per la qualified divestiture delle attività di TikTok negli USA e ha istruito il Procuratore generale e il Dipartimento di Giustizia a sospendere l’applicazione del PAFACA per altri 120 giorni, al fine di consentire l’operazione.

In seguito, hanno cominciato ad emergere i primi dettagli dell’intesa, che comporterebbe la creazione di una nuova entità per gestire TikTok negli Stati Uniti. Un consorzio di nuovi investitori, tra cui la società di private equity Silver Lake e Oracle, già coinvolte in precedenti trattative, ne deterrebbe circa la metà. Invece, investitori esistenti - come la società di trading Susquehanna International - circa il 30%. La partecipazione della società madre dell’app, ByteDance, scenderebbe al di sotto del 20% per conformarsi al Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Application Act.

Inoltre, ByteDance dovrebbe riprogrammare una nuova versione dell’algoritmo, sotto la supervisione di Oracle e del governo statunitense, per concederla poi in licenza alla neonata società. In tal modo, gli utenti sarebbero in grado di accedere al servizio tramite la stessa app, senza che Pechino possa in alcun modo ottenere i dati.

Il Consiglio di amministrazione dovrebbe esser formato da sette membri, di cui solo uno selezionato dal colosso tech cinese, escluso però dal comitato per la sicurezza [45][46].

Secondo quanto riportato da uno stretto collaboratore di Trump, non sarebbe prevista l’acquisizione, da parte del Governo federale, di una partecipazione azionaria o di una golden share nella società di social media [47]. Tuttavia, all’Amministrazione spetterebbe un compenso multimiliardario per aver facilitato le trattative.

In ultimo luogo, bisogna considerare che, sebbene sia stato delineato un quadro di riferimento, le parti devono ancora limare i dettagli dell’operazione e definire il gruppo finale di investitori.

Sembra dunque giungere a conclusione questo braccio di ferro tra Washington e TikTok, che ha attraversato tre diversi mandati presidenziali e segnato profondamente la politica interna ed estera americana. La vicenda non ha rappresentato solamente la contesa tra una delle più grandi potenze occidentali e un titano di Internet, ma è espressione di una tipologia di conflitto sempre più diffuso: quello tra la rilevanza che le piattaforme social stanno assumendo sullo scacchiere globale e la volontà degli Stati di riaffermare la propria sovranità.

 
 
 

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