Interspac è il nome assegnato al pionieristico progetto di azionariato popolare relativo alla società calcistica Football Club Internazionale Milano, meglio nota semplicemente come Inter.
In buona sostanza, scopo di questo progetto è consentire ad un numero sufficientemente ampio di tifosi di acquisire partecipazioni, per quote rilevanti anche se non necessariamente maggioritarie, nel capitale della squadra. Non è un caso che il nome del piano contenga l’acronimo “SPAC” (Special Purpose Acquisition Company), che indica una particolare tipologia di società veicolo destinata alla raccolta di capitali di rischio attraverso la quotazione e con l’obiettivo di investimento in una o più società operative esistenti [1].
Infatti, la crisi finanziaria che ha interessato molti club sportivi – soprattutto calcistici – negli ultimi anni, e in particolare in concomitanza della pandemia, ha attivato un processo di ripensamento del modello tradizionale di capital raising. Tra le varie proposte, quella di consentire direttamente ai tifosi di diventare investitori-azionisti della società presenta numerosi vantaggi. Come sottolineato dal Presidente di Interspac C. Cottarelli nel corso del seminario “Se non ora, quando?”, tenutosi il 17 Settembre 2021, le ragioni favorevoli non sono soltanto “romantiche”, cioè connesse alla possibilità per i tifosi di essere parte costituente della squadra da loro amata, ma anche strettamente economico-finanziarie [2].
Anzitutto, in termini di risparmio sulle spese di remunerazione del capitale a prestito. Oggi siamo ben lontani dall’assunzione medievale per cui “pecunia pecuniam non parit”:[1] farsi prestare denaro costa, e anche tanto. Inoltre, all’aumentare della richiesta di capitale a prestito, aumenta il costo di tale denaro, cioè il tasso di interesse. Per contro, l’immissione di capitale dei tifosi non richiede una remunerazione, e consente di risparmiare, per club di grandi dimensioni, decine di milioni all’anno in spesa di interessi. Non solo: oltre all’investimento iniziale, si richiede solitamente ai soci il versamento di una quota partecipativa annuale, verosimilmente pari al 5% della prima corresponsione, che garantisce un apporto di capitale costante, sia pure decrescente nel corso del tempo. Similmente, anche le entrate indirette e a lungo termine potrebbero beneficiare di questo assetto: i ricavi commerciali – relativi, per esempio, alla vendita di prodotti come magliette e gadget sotto marchio societario – e da stadio, cioè derivanti dalla vendita di biglietti, aumentano considerevolmente in presenza di azionariato popolare, grazie al consolidato legame tra società e tifosi [ibid].
Di conseguenza, non è improprio dedurre che una struttura di capitale diffuso tra i tifosi possa rappresentare un’efficace modalità di finanza sostenibile. E così accade nei club tedeschi [3], dal momento che in Bundesliga – la “serie A” tedesca – dal 1998 vige la regola del “50% + 1”, in base alla quale in ciascun club la maggioranza semplice del capitale deve essere obbligatoriamente detenuta da “Registered associations”, ovverosia enti non-profit idonei alla partecipazione in società sportive professionistiche e composti, di fatto, da tifosi, che possono di conseguenza esercitare la maggioranza dei diritti di voto nell’assemblea dei soci. In questo modo, si impedisce la concentrazione della maggioranza delle quote in una singola persona (fisica o giuridica), evitando che investitori privati operino l’acquisizione di rilevanti quote di capitale sulla base di mere logiche di profitto, che determinano una forte instabilità finanziaria soprattutto quando si procede al disinvestimento (come accaduto, per esempio, all’Inter con Thohir e al Milan con Mister Li).
E non solo i club tedeschi hanno mediamente livelli di indebitamento inferiori a quelli delle società italiane o spagnole, ma il livello medio di occupazione degli stadi in Germania, secondo il Report Lega Serie A 2020, è stato del 90% nella stagione 2017/2018, contro il 70% in Spagna e il 59% in Italia [4].
Il Bayern Monaco è esempio illustre di buona gestione dell’azionariato popolare. Riportiamo l’analisi di A. Boccia, membro di Interspac, sul punto. “Il Bayern Monaco serve da modello per dimostrare come la regola del 50 + 1 (e quindi il coinvolgimento di un gran numero di tifosi) possa portare a una situazione reciprocamente vantaggiosa, per club e tifosi. Di seguito uno schema che illustra la struttura dell’azionariato del Bayern:
I circa 360.000 membri del Bayern Monaco pagano una quota annuale per appartenere al Bayern Monaco e.V., che è il principale azionista del Bayern Munich AG, il quale possiede la parte professionale del club. In virtù della sua partecipazione del 75% in Bayern Munich AG e anche della maggioranza dei diritti di voto in essa detenuta, la e.V. è conforme al requisito di controllo stabilito dalla regola 50 + 1. La Bayern Munich AG è governata da un Aufsichtsrat (comitato di sorveglianza) e un Vorstand (comitato di gestione). Lo statuto della Bayern Munich AG prevede un comitato di sorveglianza di nove membri. A un membro del comitato di sorveglianza è vietato iscriversi al comitato di gestione per eliminare i conflitti di interesse. Il comitato di sorveglianza è nominato dall’assemblea annuale di Bayern Monaco eV e resta in carica per 4 anni. La legge tedesca limita i termini operativi dei membri del comitato di sorveglianza a cinque anni. Membri significativi del comitato di sorveglianza includono rappresentanti di Adidas, Audi e Allianz oltre che di Bayern EV, e altre personalità di spicco e comunque indipendenti. Il comitato di gestione è invece nominato dal comitato di sorveglianza. Ciò garantisce che gli azionisti più influenti possano supervisionare l'azienda e il modo in cui i membri del comitato di gestione gestiscono il club sportivo. La legge tedesca non prevede un limite al numero di membri del comitato di gestione, ma prevede che il mandato di un membro non possa superare i cinque anni”.
Di seguito l’attuale struttura della governance di Bayern eV e Bayern AG:
Anche se la regola del “50% + 1” viene generalmente identificata come protettrice del calcio tedesco, ciò non significa che sia priva di criticità. Su tutte, la scarsa attrattività dei club della Bundesliga nei confronti di grandi investitori internazionali, che potrebbero aumentare il livello tecnico del campionato grazie alla capacità di attrarre giocatori migliori tramite stipendi più elevati, con le logiche conseguenze a cascata sul piano economico. Si pensi, per esempio, a quanto accaduto al Paris Saint Germain nel 2012, a seguito dell’acquisizione da parte della Qatar Investment Authority guidata dal Presidente Nasser Al-Khelaïfi, o più recentemente al Newcastle, acquisito nel 2021 dal Public Investment Fund, il fondo d’investimento sovrano che fa capo direttamente a Mohammad bin Salman, principe dell’Arabia Saudita.
Ad ogni modo, una simile regola è oggi lontana dall’essere adottata in Italia. E, a ben vedere, come sottolineato dall’avv. Rombolà [5] nel corso del già citato seminario di Interspac, il quadro normativo nazionale in materia è estremamente lacunoso. Una proposta di disegno di legge era stata avanzata nel 2018 da parte del comitato NOIF (“Nelle Origini Il Futuro”), che si propone di promuovere il riconoscimento a livello legale ed istituzionale della partecipazione sportiva. L’occasione in cui è parso più verosimile l’intervento del legislatore italiano in materia è avvenuta nel 2019, quando il d.d.l. n. 1372, denominato “Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione”, introduceva all’art. 1 lett. n) la delega al governo affinché individuasse, fra le altre, “forme e condizioni di azionariato e altri strumenti di partecipazione popolare per le società sportive professionistiche”. Tuttavia, anche a causa dell’avvento della pandemia, tale proposta non si è mai tradotta in legge. A febbraio 2021 sono stati diversi decreti legislativi in materia di enti sportivi professionistici, ma nessuno di questi fa menzione dell’azionariato popolare, né di forme alternative e diffuse di governance. Ad aprile, due deputati del Movimento Cinque Stelle hanno presentato al Parlamento una proposta di legge al fine di “invertire la situazione attuale, introducendo nell’ordinamento degli strumenti in grado di coinvolgere i tifosi e renderli direttamente responsabili rispetto alla proprietà e organizzazione delle società sportive professionistiche e dilettantistiche", per porre finalmente rimedio al vuoto normativo oggi esistente nell’ordinamento. Tale disegno di legge, all’art. 3, propone l’adozione di “misure fiscali per la promozione dell’azionariato diffuso”, riconoscendo “una detrazione di imposta sui redditi di persone fisiche pari al 30 per cento dell’ammontare complessivo dell’investimento sostenuto (per un importo massimo di 50 mila euro e per un periodo pari almeno a tre anni" e, per "le società sportive professionistiche o dilettantistiche che deliberano un aumento di capitale per azionariato diffuso, si riconosce un credito d’imposta in misura pari al 20 per cento del capitale integralmente sottoscritto dai sostenitori sportivi, aumentato di 10 punti percentuali laddove la stessa società possa vantare un azionariato 4 diffuso per almeno il 50 per cento più uno del totale del capitale versato” [ibid].
Ad ogni modo, l’incertezza normativa rappresenta, ad oggi, solo uno dei problemi relativi alla costituzione di società calcistiche partecipate dai tifosi. In particolare, esse sconterebbero, come già accade in ogni società sufficientemente diffusa tra il pubblico, il c.d. “agency problem”, per cui gli interessi dei dirigenti non sono necessariamente allineati con quelli dei “principals”, cioè degli investitori rappresentati dai dirigenti stessi. In quest’ottica, sarebbe opportuno istituire un modello di governance appropriato, specie se consideriamo che, a seguito di un sondaggio informale condotto da Interspac, sarebbero più di centomila i tifosi interessati a partecipare.
Insomma, si può dire che il progetto di Interspac non è né semplice, né privo di criticità. Tuttavia, rappresenta forse il metodo più credibile per uscire dalla “football crisis” che sta interessando il calcio odierno.
Bibliografia e sitografia
[1] Torracca, Paolo. “La SPAC: cos’è e perché sta riscuotendo successo”, Società e Tributi. 21 marzo 2019.
[2] Cottarelli, Carlo. “Azionariato popolare nel calcio – Introduzione”, Interspac. 17 settembre 2021.
[3] Boccia, Antonio. “Il coinvolgimento della base tifosi nell’azionariato dei club – Il “caso” del Bayern Monaco”, Interspac. 17 settembre 2021.
[4] Calcio&Finanza, “Stadi vecchi e pochi ricavi: la Serie A arranca”. 14 luglio 2020.
[5] Rombolà, Carlo. “L’azionariato popolare nel calcio – Tentativi di disciplina in Italia”, Interspac. 17 settembre 2021.
[1] “Il denaro non genera denaro”.
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