Introduzione
La crisi pandemica del 2020, oltre ad aver inciso sulla società nel suo complesso, ha alterato significativamente il diritto commerciale “ordinario”. La situazione emergenziale ha infatti reso necessario l’intervento del legislatore civilistico al fine di supportare finanziariamente ed economicamente le imprese italiane. Le maggiori modifiche al diritto societario sono state apportate per mezzo del Decreto Liquidità 23/2020 e del Decreto Rilancio 77/2020. In particolare, si evidenziano le seguenti:
La sospensione del principio di continuità aziendale (going concern);
La sterilizzazione delle perdite;
Il differimento dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa;
La sospensione della postergazione dei finanziamenti soci.
Il presente contributo verterà nel dettaglio sulle prime due novità, considerato il loro maggiore impatto sui bilanci delle imprese italiane.
La continuità aziendale
Inquadramento normativo
Il principio di continuità aziendale è uno dei principi fondamentali per la redazione del bilancio ai sensi degli artt. 2423 ss. del Codice civile. L’articolo 2423 bis c.1 n°1 recita: “La valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva di continuazione dell’attività”. Il bilancio è un documento illustrativo della situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società; pertanto, deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività d’impresa. La sussistenza della continuità aziendale permette agli amministratori di valutare le poste di bilancio secondo principi che riflettono la realtà economica e la loro contribuzione alla produzione di reddito, piuttosto che ai valori di realizzo tipici dei bilanci di liquidazione.
L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) fornisce utili informazioni sui metodi di verifica della sussistenza della continuità aziendale; in particolare, l’OIC 11 prevede che la valutazione delle voci di bilancio debba essere eseguita tenendo conto del fatto che “l’azienda costituisce un complesso economico funzionante, destinato alla produzione di reddito” e che “la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro”, fissato convenzionalmente ad almeno dodici mesi dalla data di chiusura dell’esercizio. In caso di significative incertezze, afferma il principio contabile, gli amministratori sono tenuti a fornirne informazione in nota integrativa, allegando anche i piani aziendali futuri di ripresa.
L’OIC 11 prosegue illustrando esempi di principi contabili “deformati” che la società deve adottare in caso di ragionevole mancanza di alternative alla cessazione dell’attività. A questo punto è chiaro che agli amministratori è demandata una valutazione soggettiva della capacità dell’azienda di ottemperare alle obbligazioni future e di produrre reddito. Il venir meno del presupposto della continuità aziendale è peraltro un evento che, sebbene si verifichi dopo la chiusura dell’esercizio, deve essere considerato nelle valutazioni di bilancio. Quando diviene certo che l’azienda non sarà più in grado di generare reddito nel futuro, ad esempio in caso di consegna dei libri sociali ai liquidatori, il bilancio d’esercizio dovrà essere redatto secondo l’OIC 5, adottando quindi un’ottica di liquidazione.
Disposizioni transitorie durante la pandemia Covid-19
L’articolo 7 del D.L. 23/2020, successivamente modificato dall’articolo 38 quater del D.L. 77/2020, ha introdotto una deroga al principio di continuità aziendale. Il legislatore era infatti preoccupato che l’articolo 2423 bis del Codice civile potesse portare molte società a riconsiderare il presupposto di continuità aziendale, se non addirittura ad alterare i principi contabili ordinari. La conseguenza, come si mostrerà, è stata che la continuazione dell’attività aziendale è stata valutata retrospettivamente, anziché prospetticamente.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 38-quater aveva sancito che nella predisposizione dei bilanci, il cui esercizio si era chiuso entro il 23 febbraio 2020, non ancora approvati dall’assemblea, gli amministratori non dovessero considerare le incertezze sulla sussistenza della continuità aziendale se emerse successivamente alla chiusura dell’esercizio, pertanto esentando l’organo amministrativo dal riflettere dette conclusioni sulle poste di bilancio. Gli amministratori ne dovevano però dare informazione in nota integrativa. In questo modo si è evitato che molti bilanci di esercizio presentassero modifiche nelle valutazioni delle voci di Conto Economico e Stato Patrimoniale dovute all’incapacità prospettica dell’azienda di generare reddito.
Ancora più dirompente era il comma 2 del medesimo articolo, che consentiva al management di valutare il presupposto di continuità aziendale nei bilanci in corso (o in chiusura) al 31 dicembre 2020 “sulla base delle risultanze dell’ultimo bilancio di esercizio chiuso entro il 23 febbraio 2020”, fermo restando l’obbligo di informativa sui rischi e sulle incertezze in nota integrativa. Ciò significa che, ad esempio, gli amministratori dovevano valutare la capacità dell’azienda di produrre reddito al 31 dicembre 2020 facendo riferimento alle conclusioni del bilancio chiuso il 31 dicembre 2019.
Il Documento Interpretativo n°8 dell’Organismo Italiano di Contabilità spiegava che ci si sarebbe potuti avvalere della deroga del comma 2 soltanto qualora, nell’ultimo bilancio approvato fossero state rispettate le condizioni dell’OIC 11 o, in alternativa, la società si fosse avvalsa della deroga di cui al comma 1.
La sterilizzazione delle perdite
Inquadramento normativo
Nel corso dell’esercizio aziendale può capitare che si manifestino delle cosiddette “perdite di esercizio”, ovvero risultati negativi dell’attività economica inerente all’esercizio in corso, caratterizzati da componenti negativi di reddito superiori ai componenti positivi di reddito. Questi possono essere determinati da eventi interni oppure esterni all’azienda che alterano la condizione di equilibrio economico dell’impresa.
Queste situazioni possono richiedere l’adozione di adeguati provvedimenti, in particolar modo regolati dagli articoli 2446 e 2447 del Codice civile.
Se le perdite aziendali risultano inferiori ad un terzo del capitale la società non è obbligata a ridurre il capitale sociale, mentre se le perdite sono superiori ad un terzo, quest’obbligo sussiste.
Art 2446: Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti. Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.
Art 2447: Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall'articolo 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.
Disposizioni transitorie durante la pandemia Covid 19
Per poter superare la grave situazione di crisi in cui le aziende versano a causa della pandemia Covid-19, l’art 6 del Decreto Liquidità (poi modificato dall’articolo 1 comma 266 della Legge di Bilancio 2021 e dalla Legge n.15/2022), ha previsto la possibilità di sospensione dell’obbligo di riduzione del capitale sociale per perdite rilevanti, nonché della causa di scioglimento per mancata esecuzione dell’obbligo di riportare il capitale sociale entro il limite stabilito dalla legge.
Con il Decreto Liquidità è quindi stato sospeso l’obbligo di ridurre il capitale sociale per perdite rilevanti, anche se questa norma ha sollevato molte critiche. Innanzitutto, ci si è chiesti se la sospensione comprendesse anche le perdite maturate prima del Decreto ma accertate solo successivamente. La dottrina ha propenso per un’interpretazione prevalentemente estensiva della norma.
L’articolo 1 comma 266 della Legge di Bilancio 2021 ha sostituito l’art 6 estendendo a 5 anni il periodo entro cui le società possono coprire le perdite dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2021. Nella sua prima versione l’art 6 del D.L. n. 23/2020 prendeva in considerazione le “perdite di capitale”, ossia le perdite emerse in qualunque esercizio che, non essendo assorbite da riserve, incidevano sul capitale nominale. Venne quindi adottato un criterio “patrimoniale”.
Nella versione aggiornata invece, vennero prese in considerazione le perdite di esercizio, ovvero il risultato economico negativo di un singolo esercizio sociale (le perdite causate dalla pandemia), al lordo di eventuali riserve. Il nuovo criterio fu definito “economico” e non più patrimoniale poiché l’entità delle perdite oggetto di sterilizzazione era quella complessiva emergente dal Conto Economico del bilancio relativo all’esercizio del 31 dicembre 2020 e non solo quella parte di esse che incide sul capitale nominale.
Nel testo legislativo viene inoltre chiarito che con il termine “perdite emerse” si intendano quelle perdite, originate nel periodo pandemico, coincidente per la maggior parte delle imprese con l’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020.
Con il ‘Decreto Milleproroghe’ la disciplina di sterilizzazione prevista per l’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 venne inoltre estesa alle perdite emerse nell’esercizio il corso al 31 dicembre 2021.
L’art 6 del Decreto Liquidità, modificato dai successivi interventi, prevede quindi che per le perdite emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2021, termine entro cui la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo si intende posticipato al quinto esercizio successivo.
Sarà quindi l’assemblea che approverà il bilancio dell’esercizio 2026 a prendere gli opportuni provvedimenti.
Conclusione
Come è emerso da questo articolo, il diritto societario subì incisive modificazioni per rispondere ad evenienze dovute alla crisi pandemica.
Il legislatore ha allora voluto creare una sorta di “bolla temporale”, ove fosse possibile ammortizzare gli effetti negativi del Covid-19 sui bilanci delle imprese. Il bilancio di esercizio è infatti strumento fondamentale di rappresentazione dei dati aziendali e di trasparenza nella comunicazione. La ratio dei provvedimenti è quella di cercare di evitare che i complessi aziendali risultassero lesi a causa di una temporanea ed eccezionale situazione di grave crisi.
A questo punto bisognerà attendere come si comporrà il quadro dei vari bilanci al termine dell’applicazione di queste misure e come il legislatore interverrà per garantire la continuità e la solidità delle aziende ancora indebolite dai risultati degli esercizi appena volti al termine.
Bibliografia
Organismo Italiano di Contabilità, OIC 11, 2018, https://www.fondazioneoic.eu/wp-content/uploads/2011/02/2018-03-OIC-11.pdf
Organismo Italiano di Contabilità, OIC 29, 2017, https://www.fondazioneoic.eu/wp-content/uploads/2011/02/2017-12-OIC-29-Cambiamenti-di-principi-contabili....pdf
Organismo Italiano di Contabilità, Documento Interpretativo 8, 2021, https://www.fondazioneoic.eu/wp-content/uploads/2011/02/Documento-Interpretativo-8-continuit%C3%A0-aziendale.pdf
Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie,” Orientamenti in ordine al regime di sospensione delle perdite”,2020
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