La strategia Microsoft: la svolta europea nella regolamentazione digitale
- M. V. De Napoli; F. Finamore
- 13 minuti fa
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Le Big Tech, come Google, Apple, Amazon, Meta, Microsoft e TikTok, svolgono un ruolo centrale nel panorama economico e tecnologico europeo. La loro influenza si estende ben oltre il settore digitale: determinano l’accesso all’informazione, regolano l’intermediazione nei mercati online forniscono infrastrutture strategiche quali il cloud computing e l’intelligenza artificiale. In molti casi, queste imprese operano come veri e propri “gatekeepers”, cioè attori chiave il cui potere di mercato è tale da rendere difficile, se non impossibile, evitarne l’utilizzo da parte di utenti e imprese.
Le Big Tech rappresentano anche un’opportunità economica concreta: investono in data center, centri di ricerca e occupazione ad alta qualificazione, portando con sé innovazione e competenze. Tuttavia, la loro presenza solleva anche interrogativi strategici sul piano della sovranità digitale, soprattutto per quanto riguarda la dipendenza da soggetti extraeuropei in ambiti critici come il trattamento dei dati personali, l’adozione del cloud nelle pubbliche amministrazioni e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale.
Il contesto normativo europeo
Il rapporto tra Europa e Big Tech si delinea come un equilibrio complesso tra regolamentazione e collaborazione. L’UE sembra determinata a non rinunciare alla propria autonomia normativa, ma al contempo sa di non poter prescindere dal dialogo con questi attori globali, il cui impatto sul mercato e sulla società europea è destinato a crescere.
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha rafforzato il proprio impegno nel disciplinare le grandi aziende tecnologiche, con l’obiettivo di garantire maggiore equità nel mercato digitale e tutelare i diritti fondamentali dei cittadini. Questo processo si è tradotto nell’adozione di normative ambiziose, come il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA), volte a limitare l’influenza delle principali piattaforme online e ad imporre loro obblighi più rigorosi nella gestione dei contenuti e delle pratiche commerciali.
Entrato in vigore nel 2023, il DMA è pensato per contrastare comportamenti anticoncorrenziali da parte dei cosiddetti "gatekeepers", dominanti nei rispettivi settori. Il regolamento introduce obblighi stringenti finalizzati a promuovere un ecosistema digitale più aperto e competitivo. Tra le misure principali troviamo l’interoperabilità obbligatoria tra servizi della piattaforma dominante e quelli di terzi, il divieto di auto preferenza nei risultati di ricerca e nei marketplace, ed una maggiore trasparenza nei meccanismi algoritmici e nei criteri di posizionamento.
Parallelamente, il DSA si concentra sulla responsabilità delle piattaforme nella moderazione dei contenuti online. Le imprese devono sviluppare strumenti più efficaci per rimuovere contenuti illeciti, disinformativi o che incitino all’odio, oltre a garantire agli utenti meccanismi di segnalazione trasparenti e accessibili. Entrambe le leggi riflettono l’intenzione dell’UE di contenere il potere delle grandi piattaforme e potenziare la protezione degli utenti digitali.
Di fronte alle nuove regole, le aziende statunitensi hanno dovuto riconsiderare le proprie strategie operative in Europa. Alcune hanno adottato rapidamente le modifiche richieste, mentre altre hanno espresso preoccupazioni e tentato di orientare il dibattito pubblico e politico. Meta, in particolare, ha segnalato timori sul piano economico e gestionale. Nel maggio 2023, la società è stata sanzionata per 1,3 miliardi di dollari per il trasferimento illecito di dati personali verso gli Stati Uniti, in violazione del GDPR. Il caso ha messo in evidenza la crescente severità con cui l’UE fa valere la propria normativa sulla privacy. Inoltre, recentemente la Commissione Europea ha aperto procedimenti contro Facebook e Instagram per possibili violazioni del DSA, legate alla diffusione di disinformazione elettorale e alla protezione degli utenti vulnerabili.
Alla luce di queste pressioni, alcune aziende americane hanno deciso di rivolgersi direttamente all’amministrazione statunitense per sollecitare un intervento diplomatico. Secondo alcune fonti, Meta avrebbe chiesto il supporto della Casa Bianca per contrastare l’impatto delle regole europee, sostenendo che queste misure penalizzano la competitività delle imprese USA e favoriscono indirettamente competitor stranieri, in particolare cinesi, non sottoposti agli stessi standard.
Questa richiesta si inserisce nel più ampio confronto tra UE e USA sulla governance del digitale: l’Europa considera le nuove normative necessarie per garantire pluralismo, concorrenza e diritti digitali mentre gli Stati Uniti, al contrario, ritengono che le misure europee possano costituire una barriera commerciale e competitiva per le aziende americane, offrendo così un vantaggio alle realtà tecnologiche europee o asiatiche.
Microsoft: i nuovi impegni digitali in Europa
Nel contesto dell'evoluzione del ruolo delle Big Tech nel mercato europeo, Microsoft diventa la prima big tech americana a rispondere in modo proattivo alle crescenti richieste europee di autonomia tecnologica e garanzie giuridiche. Con l'annuncio del 30 aprile 2025, Microsoft conferma la propria posizione nel garantire stabilità digitale e annuncia cinque nuovi impegni digitali per l’Europa. Questi impegni spaziano dall'ampliamento massiccio dell'infrastruttura cloud e AI, essenziale per l'innovazione e la crescita economica, fino alla difesa robusta della resilienza digitale, della privacy dei dati e della cybersecurity, elementi cruciali in un mondo interconnesso. Microsoft è pronta a portare in tribunale il governo degli Stati Uniti, se necessario, pur di proteggere l’accesso dei clienti europei ai propri servizi cloud. L’annuncio, del presidente e chief legal officer Brad Smith, arriva in risposta allo shock provocato tra i leader europei dalla decisione di Donald Trump di sospendere temporaneamente il supporto militare e di intelligence all’Ucraina. Il gesto ha alimentato dubbi sulla solidità dell’alleanza transatlantica e ha fatto emergere il timore che in futuro un presidente USA possa usare la leva tecnologica e il controllo sulle infrastrutture cloud come strumento di pressione politica sull’Unione Europea.
Microsoft prevede di aumentare del 40% la capacità dei suoi datacenter europei nei prossimi due anni, espandendo le operazioni in 16 paesi e raggiungendo oltre 200 strutture. Questa espansione include il supporto a Microsoft Cloud for Sovereignty, che offre maggiore controllo sulla localizzazione dei dati, crittografia e accesso amministrativo.
In un periodo di volatilità geopolitica, Microsoft si impegna anche a sostenere la resilienza digitale dell'Europa. L'azienda garantisce che i suoi datacenter europei siano gestiti da imprese europee sotto le leggi comunitarie e si evolve verso una struttura aziendale europea con un consiglio di direzione dedicato. Promette, infatti, di impugnare legalmente qualsiasi ordine che imponga la sospensione o cessazione delle sue operazioni nei centri dati europei, formalizzando questo impegno nei contratti con i governi nazionali e la Commissione Europea.
L’azienda ha dunque adottato misure per garantire che i cittadini europei mantengano il controllo delle proprie informazioni e prevede ulteriori passi per rafforzare la protezione dei dati personali, in linea con le normative europee. L'azienda si impegna inoltre a migliorare la sicurezza informatica in Europa, offrendo supporto anche ad altri paesi come l'Ucraina. Infine, si propone di sostenere la competitività dell'Europa, in particolare per gli sviluppatori di codici ‘’Open Source’’. L'azienda sottolinea l'importanza dell'intelligenza artificiale come tecnologia chiave per la crescita economica e si impegna a collaborare con l'ecosistema tecnologico europeo per promuovere l'innovazione e la diversificazione.
Questi impegni rappresentano un passo significativo verso una maggiore integrazione e cooperazione tra le grandi aziende tecnologiche e l'Unione Europea, contribuendo a costruire un ecosistema digitale più sicuro, competitivo e rispettoso dei diritti dei cittadini europei.
European Cloud Board: com’è composto e a cosa serve
Nell’ambito della più ampia strategia di rafforzamento della fiducia nei servizi digitali da parte delle istituzioni europee, Microsoft ha annunciato l’istituzione di un European Cloud Board, un organismo interno dedicato alla supervisione delle attività cloud in Europa. Tale iniziativa si inserisce in un contesto normativo sempre più attento alla data governance, alla sovranità digitale e all’autonomia strategica rispetto alle grandi multinazionali tecnologiche extraeuropee, soprattutto statunitensi.
Il nuovo board sarà composto da esperti indipendenti con specifiche competenze in materia di protezione dei dati, sicurezza informatica e compliance normativa. Il suo mandato principale consiste nel vigilare sull’aderenza delle operazioni cloud europee di Microsoft al quadro giuridico dell’Unione, in particolare al GDPR, al Digital Markets Act (DMA) e al Digital Services Act (DSA). Inoltre, il board avrà la facoltà di segnalare eventuali criticità agli organi apicali della società e alle autorità di controllo competenti.
Un elemento di particolare rilievo è rappresentato dalla dichiarata intenzione di opporsi, attraverso vie legali, a eventuali richieste governative straniere (come quelle previste dal CLOUD Act statunitense) che dovessero entrare in conflitto con il diritto europeo. Questo orientamento, seppur ancora teorico sul piano dell’applicazione pratica, rappresenta una dichiarazione d’intenti significativa, volta a rafforzare la posizione di Microsoft come compliant actor nell’ambito giuridico europeo.
Corporate governance e diritto comparato: un modello “ibrido”?
Dal punto di vista del diritto societario, l’istituzione di un organo di vigilanza interno come il European Cloud Board può essere interpretata come un’evoluzione della tradizionale struttura di compliance corporate, nella quale la funzione di controllo viene progressivamente esternalizzata – quantomeno sotto il profilo concettuale – al contesto normativo e alle esigenze sociali locali.
In questo senso, l’iniziativa di Microsoft presenta caratteri innovativi rispetto ai modelli di governance delle altre big tech. A differenza di Google e Amazon Web Services (AWS), che si limitano a implementare policy standardizzate e strumenti di ‘’Data localization’’, Microsoft si impegna a creare un meccanismo di controllo dotato di una sua identità, seppur limitatamente vincolante. Questo approccio ibrido – tra self-regulation e co-regulation – può essere letto come una forma di anticipatory governance, ossia un’auto-regolazione che anticipa le esigenze del legislatore europeo.
Dal punto di vista comparato, si osserva una chiara tensione tra il modello statunitense di ‘’Shareholder primacy’’, che tende a concentrare la responsabilità degli amministratori sugli interessi degli azionisti, e l’approccio europeo, che si fonda su una visione più ampia della responsabilità societaria, includendo gli stakeholder e la società nel suo complesso. La creazione del board può così rappresentare un compromesso strategico: rassicurare il regolatore senza alterare radicalmente l’assetto societario globale della compagnia.
Verso una nuova forma di compliance strutturale?
La mossa di Microsoft, letta nel suo insieme, può essere interpretata come un tentativo di consolidare la propria legittimità sul mercato europeo attraverso strumenti di governance “morbidi” ma altamente visibili. Al tempo stesso, essa solleva interrogativi sul futuro assetto della regolazione del digitale: sarà sufficiente affidarsi alla volontà delle imprese di dotarsi di meccanismi interni di controllo, o si renderà necessario un intervento legislativo che imponga strutture indipendenti formalizzate?
Non si può certo escludere che l’Unione Europea decida di muoversi verso una regolazione ‘’Hard law’’ che imponga l’adozione di organi di supervisione interni certificati o approvati da autorità terze. In tale eventualità, l’European Cloud Board di Microsoft potrebbe fungere da modello sperimentale e, al tempo stesso, da strumento competitivo per attrarre utenti e istituzioni pubbliche europee.
In definitiva, l’intersezione tra diritto societario e regolazione tecnologica, esemplificata da questa iniziativa, mostra come la governance delle grandi imprese digitali non possa più prescindere da un confronto costante con i valori giuridici fondamentali dell’ordinamento europeo.
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