Tecniche di Difesa Anti-Scalata e Disciplina dell’OPA: il Caso Pirelli tra Diritto Privato e Poteri Pubblici
- P. Alessi; E. Guercilena
- 10 ott
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Introduzione
Le offerte pubbliche di acquisto (OPA) e le scalate societarie rappresentano un nodo centrale del diritto dei mercati finanziari, in quanto pongono l’accento sulla tutela della società bersaglio e dei suoi stakeholder con l’esigenza di garantire la contendibilità del controllo, indispensabile per l’efficienza del mercato. La disciplina italiana, definita dal TUF e dalla CONSOB, cerca di tracciare un equilibrio tra queste esigenze, limitando l’uso delle difese antiscalata in ragione della tutela della libertà del mercato, ma consentendo comunque strumenti di neutralizzazione. Lo Stato cerca dunque di astenersi fin dove possibile dall’intromettersi nelle questioni delle società private, ma a volte ciò non è possibile a causa delle dimensioni e della rilevanza socioeconomica delle parti coinvolte in operazioni di questo tipo. Per questo, sono riservati allo Stato dei golden powers, si tratta di poteri speciali che lo Stato italiano può esercitare per tutelare settori considerati strategici per l’interesse nazionale Questi poteri consentono al governo di esaminare, bloccare, porre condizioni o addirittura vietare acquisizioni e operazioni societarie che, pur essendo formalmente legittime sul piano del diritto societario e del mercato, potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale o interessi pubblici essenziali. Il caso Pirelli del 2023 rappresenta un esempio emblematico dell’applicazione dei golden powers, in cui l’intervento dello Stato ha evidenziato la complessa interazione tra sfera pubblica e dinamiche private di mercato, con l’obiettivo di bilanciare l’autonomia imprenditoriale con la tutela degli interessi strategici nazionali.
La disciplina dell’OPA e il fenomeno delle scalate societarie
L’OPA è un meccanismo ben disciplinato dagli articoli 02-112 del Testo unico della finanza (TUF), nonché da alcune norme della Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB), autorità indipendente che vigila sui mercati italiani. Si tratta nozionisticamente di un’offerta, presentata da un qualsiasi soggetto (anche privato) intenzionato ad acquistare (o a far acquistare) un determinato numero di azioni (o altri strumenti finanziari) di una qualsiasi società, che sia essa quotata o meno.
È, quindi, un invito a disinvestire, a vendere, a essere liquidati e quindi incassare, rivolto a chi possiede azioni dell’azienda target da parte di chi vorrebbe entrarne in possesso, nel mentre l’offerente rafforza o conquista una partecipazione nella società target.
Questo fenomeno è tipico delle grandi società di capitali, poiché gestire una grande impresa richiede conoscenze specifiche e grandi capitali, perciò, praticamente in tutti i casi, i soggetti interessati a controllare una società per azioni sono le società o gli imprenditori già in affari. In più, solitamente le scalate avvengono nelle grandi società, in cui il consistente capitale sociale si traduce nella cosiddetta "polverizzazione dell'azionariato", ossia l'acquisizione di piccole quote azionarie da parte di una miriade di investitori a fini meramente speculativi, senza velleità imprenditoriali. In tali contesti è quindi più agevole "rastrellare" sul mercato mobiliare un consistente pacchetto azionario.
Sostanzialmente, le operazioni di acquisizione di una società possono essere friendly takeover o hostile takeover, a seconda che rispettivamente l’operazione avvenga con o senza il consenso o contro la volontà del management e del Consiglio di amministrazione di quest’ultima. Si definisce, quindi, hostile takeover l’acquisizione che mira ad ottenere una posizione di controllo nella società (ottenendo la maggioranza dei voti) senza l’accordo e la collaborazione del Consiglio di amministrazione stesso e del management della società bersaglio.
Le operazioni di acquisizione ostile rappresentano una minaccia significativa per la stabilità delle imprese quotate. Negli ultimi decenni si sono sviluppate numerose strategie difensive, sia preventive che reattive, volte a tutelare il controllo societario e a garantire la continuità della governance.
Le tecniche di difesa e interessi in gioco
Le varie difese che la società può attuare in opposizione alla scalata pongono questioni di legittimità e compatibilità con i principi che governano il mercato e la corporate governance. Da un lato, esse tutelano la società e i suoi stakeholders da manovre speculative o destabilizzanti.
Dall’altro lato, rischiano di comprimere la contendibilità del controllo e di proteggere eccessivamente il management, anche in situazioni in cui un cambio di governance potrebbe risultare più efficiente. La contendibilità del controllo delle società è condizione necessaria per il buon funzionamento del mercato di capitale, e chi dispone di adeguate risorse economiche, e si ritiene capace di incrementare il valore di una società, può dimostrarlo coi fatti. Se la legge rende troppo complessa o costosa l’operazione, la maggioranza non avrà nulla di che temere, anche se gestisce male la società, e anche se ne determina il deprezzamento delle azioni. Così facendo, però, non si incoraggia l’afflusso di nuovi capitali nel mercato azionario: per cui, anche la contendibilità del controllo è meritevole di tutela, perché un’OPA, alla fin fine, stimola indirettamente il valore delle azioni. Volendo cercare un equilibrio fra interesse dell’acquirente e interesse della minoranza.
Le possibili tecniche di difesa dalla scalata
Le strategie difensive societaria possono essere ridotti in due macrocategorie: le difese preventive(ex ante) e le difese reattive (ex post). Le prime mirano a rendere meno contenibile la società già in fase di assetto statuario proprietario e le difese reattive, attivabili nel momento in cui l’offerta sia già stata lanciata, scoraggiando così possibili investitori nell’acquisire la società. Le seconde, invece, sono attivabili nel momento in cui l’offerta ostile sia già stata lanciata. Tale distinzione consente di apprezzare le differenze non solo sotto il profilo operativo, ma anche rispetto alla loro compatibilità con i principi di trasparenza e correttezza del mercato.
Difese preventive (ex ante)
Le difese preventive, come già stabilito, si collocano sul piano della predisposizione statutaria o finanziaria della società e hanno come obiettivo quello di scoraggiare eventuali tentativi ostili di acquisizione.
Poison pill: letteralmente “pillola avvelenata”, consiste nell'attuazione di meccanismi societari al fine di incrementare il costo necessario per acquisire il controllo della società. Il metodo più ricorrente è il lancio di un aumento di capitale, tramite il quale viene offerto un quantitativo di azioni a prezzo di favore ai soci esistenti; tale operazione, aumentando il numero di azioni in circolazione, permette di diluire la partecipazione del potenziale acquirente.
Ma esistono anche opzioni riservate agli azionisti esistenti di acquistare un certo quantitativo di azioni ad un prezzo di favore. Specialmente negli Stati Uniti, capita molto spesso di imbattersi in gruppi in cui amministratori controllano la società senza neanche possedere una azione (ma solo opzioni) rendendo di solo fatto le aziende contendibili.
Varie tecniche possono essere utilizzate oltre all’aumento di capitale, ma l'obiettivo è sempre lo stesso, aumentare il numero di azioni in circolazione (aumento di capitale) e rendere così più caro il takeover, diluendo così la partecipazione del soggetto ostile e rendendo l’operazione economicamente più onerosa.
Clausole statutarie limitative: lo statuto o l’atto costitutivo possono comprendere meccanismi limitativi della scalata. Alcuni esempi sono il tetto massimo al diritto di voto (voto limitato), quorum rafforzati per l’approvazione di delibere strategiche, o clausole di gradimento.
Azioni a voto plurimo o maggiorato: l’ordinamento italiano favorisce il principio “una azione, un voto”. Recentemente, a seguito di riforme, le azioni a voto plurimo e maggioritario si sono diffuse nell’ordinamento italiano. Questo tipo di azioni rafforzano il potere degli azionisti stabili e riducono la contendibilità della società, portando a concentrazioni di potere.
Staggered Board: l’introduzione di Consigli di amministrazione rinnovabili solo parzialmente per anno rallenta la possibilità dell’offerente di ottenere il controllo del board.
Golden shares: il legislatore riconosce allo Stato o ad enti pubblici poteri societari svincolati dall'ammontare della partecipazione azionaria. È consentito che, nelle società a partecipazione pubblica, lo statuto riservi al socio pubblico il potere di nominare amministratori e sindaci, e, nelle società di interesse nazionale (es. RAI), tali poteri si estendono alla gestione, alla trasferibilità delle azioni, e al diritto di voto. Esistono poi dei poteri speciali, riconosciuti allo Stato, nel tema delle golden powers: quando una società svolge un'attività strategica nel settore della difesa e della sicurezza nazionale, nonché sulle società che detengono attivi strategici nel settore energetico, dei trasporti, e delle comunicazioni, lo Stato ha il potere di opporsi o subordinare a specifiche condizioni l'assunzione di partecipazioni rilevanti nelle stesse, nonché il diritto di veto o di subordinare a specifiche condizioni l'adozione di una serie delibere di particolare rilievo. L'attuale disciplina permette di attivare il regime di golden power solo a seguito di minaccia grave alla sicurezza nazionale, alla difesa, al funzionamento delle reti, e degli impianti, e alla continuità di approvvigionamenti.
Difese reattive (ex post)
Le difese reattive si attivano successivamente al lancio di un’offerta ostile e mirano a neutralizzarla attraverso operazioni straordinarie o interventi sul mercato.
White knight: ricerca di un “cavaliere bianco”, ossia di un soggetto amichevole che lanci un’offerta alternativa, più favorevole alla società e al suo management.
Pac-Man defense: l'azienda minacciata da un'acquisizione ostile "ribalta la situazione" tentando di acquisire il suo potenziale acquirente.
Crown jewels defense: cessione degli asset più pregiati (c.d. “gioielli della corona”) per ridurre l’attrattività della società agli occhi dell’offerente, pur con il rischio di indebolirne la struttura.
Buy-back di azioni proprie: Riacquisto massiccio di proprie azioni sul mercato, così facendo la società riduce il numero di titoli disponibili, aumentando il valore del capitale sociale per azione e creando un "cuscinetto" di azioni che possono essere utilizzate strategicamente.
Operazioni di fusione/incorporazione difensive: fusioni con soggetti alleati o ristrutturazioni societarie mirate a rendere più complesso l’acquisto del controllo.
Profili critici e ostacoli alle tecniche di difese
Con l’attuale disciplina il legislatore ha un atteggiamento piuttosto restrittivo verso le tecniche di difesa che il gruppo di comando della società bersaglio può porre in atto: l’attuazione di tali misure è consentita solo previa autorizzazione dell’assemblea (passivity rule), ma lo statuto può derogare in tutto o in parte a questa regola (clausola opt-out). La “regola di passività” prevede, infatti, che gli amministratori della società bersaglio con azioni quotata debbano astenersi dal compiere atti od operazioni che possano contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta. Il divieto può essere, tuttavia, rimosso con delibera dell’assemblea, convocata in pendenza dell’OPA, ordinaria o straordinaria, con le normali maggioranza.
Per quanto riguarda l’attuazione di tali meccanismi, se le tecniche di difesa successive sono piuttosto agevoli, lo stesso non vale per le tecniche di difesa preventiva. Infatti, gli azionisti che intendono aderire ad un’OPA possono liberamente recedere da eventuali sindacati di voto/blocco, e l’acquisto di una partecipazione rilevante nella società che lancia l’OPA non è più attuabile.
Invero, la XIII Direttiva (2007) era l’occasione per ampliare la regola di neutralizzazione di tali misure didifesa; tuttavia, la Riforma del 2008, ha previsto che tale disciplina operi solo se lo statuto lo prevede. Orbene, se lo statuto della società bersaglio quotata ne consente l’applicazione, la regola di neutralizzazione opera come segue. Durante l’OPA, non hanno effetto nei confronti dell’offerente eventuali limitazioni statutarie al trasferimento dei titoli e, nelle assemblee, non operano le limitazioni al diritto di voto previste nello statuto o da patti parasociali, né le maggiorazioni statutarie del diritto di voto, e le azioni a voto plurimo ne conferiscono uno solo.
Dopo l’OPA, la regola di neutralizzazione paralizza l’efficacia di alcune clausole statuarie o patti parasociali con lo scopo di impedire all’offerente vittorioso di conseguire l’effettivo dominio. Infatti, nella prima assemblea successiva all’OPA, non operano limitazioni suddette, né maggiorazioni di voto, né voto plurimo; così, il nuovo gruppo di comando può nominare amministratori di fiducia, e modificare clausole statutarie non gradite senza ostruzioni. Questi effetti hanno luogo, però, solamente se a seguito dell’OPA l’offerente detiene almeno il settantacinque per cento del capitale con diritto di voto.
In ultimo, la disciplina delle OPA attraverso meccanismi come la passivity rule e la neutralisationrule tende a garantire la contendibilità del controllo a tutela del mercato e degli azionisti, ma ciò avviene a scapito della stabilità societaria, poiché riduce l’efficacia delle difese preventive e limita i poteri reattivi del management. Ne emerge un equilibrio ancora imperfetto, che potrebbe essere migliorato con un ripensamento volto a garantire al tempo stesso apertura al mercato e la salvaguardia della continuità aziendale.
Caso Pirelli e applicazione pratica delle tecniche di difesa
Uno dei casi più emblematici nel contesto delle operazioni di acquisizione e delle difese anti-scalataè il caso Pirelli. Nel 2015 il gruppo di società cinese ChemChina, attraverso il lancio di una OPA, acquisì il controllo di Pirelli. Questo portò al delisting della società da Piazza Affari. Solo due anni dopo, nel 2017, Pirelli tornò quotata, con un flottante diffuso e un patto parasociale tra i principali azionisti volto a garantire la stabilità dell’assetto di governo societario.
Le criticità di tale operazione emersero però nel 2022-2023, il Governo italiano, infatti, decise di esercitare i poteri di golden power nei confronti di della controllante cinese (all’ora nuovamente nominata Sinochem), imponendo vincoli all’influenza del socio di maggioranza sulle decisioni strategiche e sugli organi di governance. L’intervento statale fu motivato dall’esigenza di preservare l’autonomia gestionale e la sicurezza nazionale, in considerazione della rilevanza tecnologica e industriale di Pirelli.
Il caso dimostra come, di fronte a investitori stranieri di natura statale, le tradizionali tecniche didifesa societarie possano risultare insufficienti, rendendo necessario il ricorso a strumenti di diritto pubblico. Pirelli diventa così un esempio paradigmatico di come le dinamiche delle scalate ostili si intreccino oggi con la disciplina dei mercati, la politica industriale e la tutela di interessi strategici nazionali.
Conclusioni
L’analisi delle OPA e delle scalate societarie mette in luce il già citato l’equilibrio delicato tra contendibilità del controllo e protezione della società bersaglio. Se da un lato le tecniche di difesa rappresentano strumenti utili contro operazioni speculative, dall’altro non devono ostacolare l’ingresso di nuovi capitali e l’efficienza del mercato. Il caso Pirelli dimostra come, in un contesto globale, le sole regole privatistiche non bastino più: la tutela di asset strategici richiede anche un intervento pubblico attraverso strumenti come i golden power. Ne emerge un sistema in cui diritto societario, regolazione dei mercati e politica industriale si intrecciano sempre più strettamente.

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