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R. Ghezzi; G. Natullo

L'UTILIZZO DELLA SOCIETÀ SEMPLICE COME STRUMENTO DI TUTELA DEL PATRIMONIO


1) INTRODUZIONE:


La società semplice rappresenta la struttura societaria più essenziale tra quelle delineate nel codice civile. L'utilizzo di questa configurazione può risultare particolarmente efficace nel garantire la sicurezza degli investimenti. Essa costituisce il fondamento primario di tutte le forme societarie regolamentate dal nostro ordinamento legale, ed è delineata dagli articoli 2251 a 2290 del codice civile.

Quando due o più individui si uniscono con l'intento di avviare un'impresa con l'obiettivo di condividere i profitti e ognuno dei partecipanti deve apportare un contributo alla società, che può essere denaro, beni materiali o prestazioni lavorative, si instaura ciò che definiamo una società. L'articolo 2247 del codice civile delinea il contratto di società come un accordo attraverso il quale due o più persone mettono a disposizione risorse o servizi per operare insieme in un'attività economica con l'obiettivo di distribuire i profitti conseguiti.

Il successivo articolo 2249 del codice civile specifica che la forma della società semplice può essere utilizzata quando l'attività non ha natura commerciale. Proprio per questa ragione, questa forma societaria viene adottata in via residuale, ossia quando le parti coinvolte non optano per nessun'altra tipologia societaria prevista dal codice civile.

È importante notare che la società semplice può essere adottata esclusivamente per determinate attività economiche, tra cui l'agricoltura, le professioni intellettuali, la gestione di beni immobili e le gestioni di partecipazioni.

L'impiego della società semplice assume un ruolo di estrema rilevanza se utilizzata nelle realtà familiari. Temendo il concetto di "spossessamento", che spinge sempre meno a ricorrere al Trust, esse si orientano verso strumenti societari che consentono loro comunque di mantenere un controllo diretto sul proprio patrimonio. In questa prospettiva, lo statuto sociale diventa un prezioso alleato, in quanto può essere plasmato in base alle esigenze più specifiche della famiglia.

La società semplice si erge come uno di questi strumenti, soprattutto quando si mira a mettere il patrimonio esclusivamente al servizio della famiglia stessa. Essa costituisce un ente autonomo con un proprio patrimonio, distinto da quello dei singoli soci. Questa separazione conferisce una protezione ai beni conferiti nella società, rendendoli immuni dall'attacco dei creditori individuali dei soci. Inoltre, le quote di partecipazione nella società semplice possono essere inalienabili e non soggette a pignoramento.

2) IMPIGNORABILITÀ DELLE QUOTE:


Uno dei vantaggi significativi della società semplice è che offre una protezione contro il pignoramento delle quote della società da parte dei creditori individuali dei soci. Come già sottolineato dalla Cassazione da diversi anni, le quote possedute nelle società di persone non possono essere espropriate fintanto che la società rimane attiva, a vantaggio dei

creditori particolari dei singoli soci. Questo implica che le società semplici che detengono immobili familiari possono rappresentare un'alternativa sicura rispetto alla mera comproprietà di beni immobili intestati a singole persone fisiche. In sostanza, ciò significa che i debiti contratti da un singolo comproprietario non possono compromettere l'intero bene attraverso il pignoramento della sua quota, offrendo così una forma di protezione per il patrimonio familiare. Questa caratteristica rende la società semplice un'opzione attraente per coloro che desiderano preservare la stabilità finanziaria e la sicurezza del loro patrimonio immobiliare.

L'articolo 2252, che riguarda la modifica del contratto sociale, rappresenta il cuore della disposizione che rende impignorabile la quota di una Società Semplice. Ogni società, infatti, nasce da un contratto stipulato tra imprenditori che decidono di unire le proprie risorse per condurre un'attività economica insieme, allo scopo di condividere i profitti generati.

In una Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.), i soci hanno il vantaggio di poter cedere liberamente le proprie quote senza richiedere il consenso degli altri soci. Questa flessibilità consente loro di uscire dalla società quando lo desiderano, salvo specifiche clausole stabilite nell'atto costitutivo. Al contrario, nelle società di persone, come la Società Semplice, la situazione è diversa. Qui, i soci possono cedere le proprie quote solo previo consenso degli altri soci. In altre parole, non è possibile vendere la quota della Società Semplice senza l'approvazione unanime degli altri soci.

Questa restrizione deriva dal fatto che il contratto di società non può essere modificato senza il consenso di tutti i soci. Ogni trasferimento di quote viene infatti considerato una modifica del contratto sociale, a differenza di quanto avviene nelle S.r.l. Di conseguenza, i creditori esterni non possono pignorare le quote della Società Semplice senza il consenso degli altri soci, rendendo così sicuro il possesso della quota del socio da potenziali attacchi esterni, a condizione che vi sia collaborazione tra i soci.

Tuttavia, è importante tenere presente che in situazioni in cui il socio della Società Semplice ha debiti personali, possono sorgere complicazioni che richiedono una gestione oculata. Inoltre, l'ammissione di nuovi soci nella Società Semplice è possibile solo con il consenso unanime di tutti gli altri soci, rendendo praticamente impossibile l'esecuzione forzata della quota di un socio da parte di terzi.

È importante comprendere che l'incapacità del creditore particolare di pignorare la quota di un socio all'interno di una Società Semplice non significa che il socio sia immune da possibili complicazioni finanziarie future. Per illustrare le implicazioni di questo scenario nel caso in cui il socio abbia debiti non saldati e detenga una quota in una Società Semplice, è utile esaminare l'articolo 2270 del Codice Civile.

Questo articolo stabilisce che, se un socio della Società Semplice ha debiti, i terzi creditori possono riscuotere solo gli utili derivanti dalla quota della Società Semplice attribuiti al socio, senza poter pignorare direttamente la quota stessa. Tuttavia, se tali utili non sono sufficienti a coprire il debito, i creditori possono obbligare il socio a vendere la sua quota entro tre mesi.

Questa disposizione offre una maggiore protezione al socio rispetto a un pignoramento diretto delle quote. Infatti, l'obbligo di vendere la quota consente al socio di decidere liberamente a chi cederla e a quale prezzo. Questo è un vantaggio significativo, poiché il socio potrebbe scegliere di vendere la quota a una persona di fiducia, stabilendo un prezzo che ritenga equo.

D'altra parte, con un pignoramento, la quota viene confiscata e venduta all'asta al miglior offerente, senza alcun controllo da parte del socio sul prezzo di vendita o sull'identità dell'acquirente. In sintesi, le differenze fondamentali possono essere riassunte nel modo seguente:

- Nel caso di liquidazione della quota della Società Semplice per saldare i debiti, il socio conserva il controllo sulla vendita e sul prezzo.

- Nel caso di pignoramento, la quota viene venduta all'asta senza controllo del socio.


3) ASSENZA DI OBBLIGO DI TENUTA DI SCRITTURE CONTABILI:


La società semplice si presta anche, in funzione della portata non commerciale prevista dal legislatore del ‘42, a forme di utilizzo caratterizzate da snellezza e semplicità dovute all’assenza dell’obbligo di tenuta delle scritture contabili, non dovendo pubblicare un bilancio avente rilevanza esterna, e di un regime fiscale che ricalca quello tipico dei privati, non essendo assoggettata ad IRAP.

Per quanto riguarda gli oneri contabili della società semplice, all’art. 2261 c.c. il legislatore utilizza il termine rendiconto sia per indicare il documento diretto a fornire ai soci non amministratori informazioni sulla gestione, al pari del rendiconto del mandatario, sia per indicare il documento, diretto a tutti i soci, finalizzato a determinare gli utili spettanti agli stessi e che pertanto diviene un vero e proprio bilancio di esercizio.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 5479/86) ha precisato la differenza di funzioni del bilancio e del rendiconto. Mentre il primo serve per accertare la situazione patrimoniale della società, nonché gli utili conseguiti o le perdite subite nel corso dell’esercizio, il secondo serve invece a rendere il conto dell’operato degli amministratori ai soci non amministratori.

Il contenuto del rendiconto può perciò esaurirsi in un progetto ragionato delle operazioni compiute nel periodo e delle entrate e delle uscite corrispondenti. Il rendiconto è dovuto dai soci amministratori a ciascuno dei soci non amministratori e a ciascuno di questi ultimi spetta il diritto di approvarlo o meno separatamente dagli altri, nonché di agire giudizialmente per ottenere la condanna degli amministratori a rendere il conto sulla gestione.

Sotto il profilo fiscale, i redditi della società semplice (come le società in accomandita semplice e in nome collettivo) residente nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (art. 5 del TUIR).

La società semplice genera un reddito di partecipazione per i propri soci e trova applicazione il regime per trasparenza (si fa riferimento ad un ente collettivo che interpone realmente in un flusso di ricchezza dalla fonte al percettore finale, in quanto priva di autonomia, non è in grado di imprimere a tale reddito una differente destinazione).

Nel caso di società semplice il reddito complessivo si determina come sommatoria dei redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo, vale a dire redditi fondiari, di lavoro autonomo, di capitale e diversi.Il risultato economico positivo della società semplice non sarà soggetto ad imposizione in capo ai soci trattandosi di mera movimentazione patrimoniale in quanto composto da redditi già tassati.


4) ASSENZA DEL TEST DI OPERATIVITÀ:


L’art. 30, legge 23 dicembre 1994 n.724, sensibilmente inasprita dalle previsioni contenute nel D.L. n.138/11, ha introdotto la disciplina delle società non operative (o di comodo), da individuare attraverso un apposito test, che ha ricadute prevalentemente sul piano fiscale. Scopo del test è porre a confronto i valori effettivi di ricavi e proventi, nonché di incremento delle rimanenze relativo ad un determinato esercizio con i ricavi presunti determinati dall'applicazione di determinate percentuali a specifiche voci di Stato patrimoniale.

Questo test rileva, ad esempio, quando per quattro periodi d’imposta la società ha realizzato perdite fiscali e in un periodo d’imposta un reddito inferiore a quello minimo.

Il passaggio alla disciplina delle società di comodo presenta numerosi svantaggi per la società. Innanzitutto, vi è una presunzione di reddito minimo ai fini IRES, determinato forfettariamente; inoltre, l’aliquota stessa dell’IRES è maggiorata. Opera, poi, una presunzione di valore minimo della produzione netta ai fini IRAP: per mezzo di questa presunzione, salvo l’ordinario potere di accertamento dell’Amministrazione, il valore della produzione netta dei soggetti non operativi è considerata non inferiore al reddito minimo determinato ai fini delle imposte sui redditi aumentato: delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, dei compensi erogati per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, degli interessi passivi.

Sussistono infine delle limitazioni all’utilizzo dei crediti IVA e all’utilizzo delle perdite pregresse; queste ultime non possono abbattere l’utile di esercizio al di sotto del reddito minimo.

Tuttavia, la l. 724/94 non trova applicazione nei confronti della società semplice, non svolgendo quest’ultima attività commerciale. Ciò la rende un mezzo molto adatto ai fini della gestione patrimoniale, che sia immobiliare o azionaria, dal momento che non le si richiede la produzione di reddito. Le società di comodo, infatti, sono tutte quelle società che vengono sfruttate solo per realizzare una semplice gestione dei beni patrimoniali dei soci e che non esercitano quindi nessun altro tipo di attività (imprenditoriale e/o commerciale). Questi fini non sono perseguibili dalle società aventi carattere commerciale, ma sono assolutamente leciti per la società semplice.


5) CONCLUSIONE


La questione dell’utilizzo della società semplice come strumento per la gestione patrimoniale è risalente; basti pensare che nel 1984 la famiglia Agnelli costituì la “DICEMBRE società semplice” ai fini della detenzione della partecipazione maggioritaria della Fiat SpA.La società semplice si rende, dunque, strumento ideale alla gestione patrimoniale per le diverse caratteristiche di cui si è trattato, dalla snellezza della struttura al regime fiscale agevolato, dai rilevanti esoneri contabili alla impignorabilità delle quote sociali.


BIBLIOGRAFIA


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