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G. Manara E. Gaetano

LA BCE E L’AUMENTO DEI TASSI DI INTERESSE

La crescita dell’inflazione è uno dei temi più discussi di questo periodo; il carovita, unitamente ai gravi problemi connessi anche alle conseguenze del conflitto in Ucraina, sta impattando pesantemente sulle famiglie italiane e non solo, con i governi che, insieme alle istituzioni europee, stanno cercando di fronteggiare la situazione con scelte di politica economica più o meno dolorose per i cittadini. Una di queste scelte ha visto la Banca Centrale Europea intervenire al rialzo sui tassi d’interesse, scelta che, per potere essere compresa fino in fondo, merita una prima definizione proprio dei concetti di inflazione e tassi e del loro legame.

L’inflazione è un fenomeno economico caratterizzato dall’aumento generalizzato e prolungato del livello dei prezzi di beni e servizi; si tratta di un indicatore importante per valutare la stabilità dell’economia di un paese, in quanto un’eccessiva inflazione può avere conseguenze negative sull’economia e sulla vita dei cittadini. L’aumento del livello dei prezzi porta a un indebolimento della moneta, dal momento che essa ha un potere di acquisto inferiore rispetto al passato. Tra le conseguenze dell’inflazione la principale è la riduzione del potere d’acquisto dei consumatori, che tendono a comprare meno prodotti, inoltre l’inflazione può avere effetti negativi anche sull’investimento e sull’occupazione, poiché le imprese possono essere scoraggiate a investire e a creare posti di lavoro data l’incertezza sui prezzi.

Quanto ai tassi d’interesse, si tratta di uno strumento usato dalle banche centrali per influenzare l’economia di un paese; in generale, un tasso d’interesse è la percentuale di denaro che un prestatore addebita a un debitore per l’utilizzo del denaro preso in prestito. In particolare, i tassi d’interesse rappresentano il costo del denaro e sono usati per regolare la quantità di denaro in circolazione nell’economia. Le banche centrali usano i tassi d’inflazione come strumento di politica monetaria per regolare l’inflazione e la crescita economica: quando l’inflazione, come sta accadendo in questo periodo, è in crescita, i tassi d’interesse vengono alzati per contrastare l’aumento dei prezzi, in modo che la valuta circoli meno e l’inflazione tenda a diminuire. Nello specifico, quando i tassi d’interesse vengono alzati aumenta il costo del denaro e le persone tendono a spendere meno e risparmiare di più, facendo sì che la domanda di beni e servizi, diminuendo, porti a un rallentamento economico che lasci all’inflazione meno spazio per crescere, poiché la diminuzione della domanda limita l’aumento dei prezzi. D’altra parte quando l’inflazione è bassa e l’economia sta attraversando una fase di recessione o di bassa crescita, la banca centrale diminuisce i tassi d’interesse per stimolare la spesa e l’accesso al credito. Questa politica monetaria espansiva aumenta la quantità di denaro in circolazione, rendendo più facile per le persone spendere e investire. La maggior domanda di beni e servizi porta a un aumento della produzione e dell’occupazione, stimolando l’economia. L’aumento della circolazione di valuta tuttavia può anche portare ad un aumento dei prezzi e quindi dell’inflazione in una relazione circolare, la quale, per rimanere orientata all’equilibrio tra domanda e offerta, vede le banche centrali manipolare i tassi d’interesse al variare dell’inflazione per garantire ai paesi stabilità economica.


Chiarito il rapporto tra inflazione e denaro si può ora analizzare la politica della BCE sul tema: il 16 marzo 2023 in particolare la banca annunciava che “l’inflazione dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato, pertanto il consiglio direttivo ha deciso oggi di innalzare di 50 punti base i 3 tassi di interesse di riferimento della BCE, in linea con la sua determinazione ad assicurare il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine. Il sistema bancario dell’area dell’euro è dotato di buona capacità di tenuta con solide posizioni di capitale e liquidità, in ogni caso la BCE dispone di tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità a sostegno del sistema finanziario dell’area dell’euro qualora ve ne sia l’esigenza e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria”. Con il rialzo di marzo i tassi d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono stati fissati rispettivamente al 3,50%, al 3,75% e al 3,00%.


La presidente della Banca Centrale Europea durante un’intervista davanti alla stampa ha infatti affermato che le previsioni riguardanti l’inflazione sono ancora molto alte per un arco temporale troppo lungo. Infatti alla luce della continua pressione portata avanti dall’inflazione il consiglio direttivo della BCE ha preso la decisione di effettuare l’aumento dei tassi di cui si è appena detto. In generale le informazioni giunte alla Banca Centrale Europea sostengono ampiamente le prospettive di inflazione a medio termine comunicate agli incontri precedenti del Consiglio direttivo della BCE; complessivamente l’inflazione è diminuita negli ultimi mesi ma la pressione sui prezzi rimane forte. Le decisioni future dell’Istituzione guidata da Christine Lagarde garantiranno che la politica sui tassi di interesse sarà portata a livelli sufficientemente restrittivi per raggiungere un tempestivo ritorno all’obiettivo di un livello dell’inflazione al 2%, facendo sì di restare a questi livelli di tassi fino a quando sarà necessario. La BCE continuerà a seguire la situazione in maniera vigile e attenta mantenendo i nuovi tassi ai livelli appena raggiunti basandosi sulla valutazione delle proiezioni riguardanti l’inflazione e la forza della politica di trasmissione monetaria. La presidente della BCE ha voluto inoltre nuovamente sottolineare quanto i tassi di interesse rappresentino lo strumento principale per far fronte all’aumento dei prezzi e quindi alla diminuzione del potere di acquisto degli abitanti della zona euro.

Inoltre il 1 aprile 2023 in un’intervista, Fabio Panetta, membro del consiglio direttivo della BCE, spiegava come l’aumento dell’inflazione potesse essere causato non tanto dall’aumento degli stipendi dei lavoratori quanto dagli aumenti dei profitti delle società di grandi dimensioni. Infatti le aziende che spingono i loro prezzi al di sopra e al di là di ciò che è necessario per assorbire costi più elevati potrebbero alimentare l'inflazione che i banchieri centrali devono combattere con tassi di interesse più elevati. Panetta ad una conferenza a Francoforte di recente ha sottolineato che nel quarto trimestre dello scorso anno metà delle pressioni interne sui prezzi nella zona euro provenivano dai profitti, mentre l'altra metà derivava dai salari. “C'è molta discussione sulla crescita dei salari," Fabio Panetta ha detto in un'intervista questa settimana. "Ma probabilmente stiamo prestando scarsa attenzione all'altra componente del reddito - cioè i profitti." Inoltre ha aggiunto che i governi dovrebbero intervenire dove necessario, in parte perché i loro programmi di sostegno fiscale hanno contribuito a mantenere alti i profitti. "Se c'è un settore in particolare in cui il potere di mercato è abusato o la concorrenza è insufficiente, allora ci dovrebbero essere politiche di concorrenza che dovrebbero intervenire", ha detto.


BIBLIOGRAFIA



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