Personalità giuridica, responsabilità limitata dei soci e autonomia patrimoniale
La personalità giuridica – ossia l'attitudine ad essere titolare di situazioni giuridiche attive e passive e a godere di un’autonomia patrimoniale perfetta per le obbligazioni eventualmente contratte[1] – viene riconosciuta, in Italia, solo in capo alle società di capitali, considerate come soggetti di diritto formalmente distinti rispetto alle persone dei soci. Solo in queste ultime, infatti, fatta eccezione per le S.a.p.A. (società in accomandita per azioni, in cui i soci accomandanti sono obbligati soltanto nei limiti della quota del capitale sociale sottoscritta e solo i soci accomandatari rispondono solidalmente ed illimitatamente), i debiti della società sono onorati solo ed esclusivamente tramite l’autonomo patrimonio dalla società, senza che i soci rispondano con il patrimonio personale delle obbligazioni della stessa essendone responsabili solo nei limiti del capitale da essi sottoscritto.
Il riconoscimento della personalità giuridica in capo all’ente societario comporta, infatti, non solo che la società sia un soggetto di diritto distinto e separato rispetto ai soci, ma anche che il suo patrimonio sia distinto e separato rispetto a quello dei soci. Questi, conferendo beni all’ente, lo rendono proprietario degli stessi e partecipano alla formazione dell’autonomo patrimonio societario.
Così, da un lato i creditori sociali non potranno aggredire il patrimonio personale e privato dei singoli soci, dovendo soddisfarsi sul patrimonio della società, e, dall’altro, i creditori personali dei singoli soci non avranno alcuna possibilità di rivalersi sul patrimonio, autonomo e separato, dell’ente.
Tuttavia, spesso questo principio – condiviso alla base di tutti i principali ordinamenti giuridici – risulta sfavorevole per i terzi creditori della società che ne sopportano il rischio di impresa: il socio potrebbe infatti stravolgerne la finalità e piegarlo a fini illeciti ed abusivi.
La soluzione prospettata in U.S. per la tutela del creditore dal rischio di impresa
Per questo motivo, in diversi sistemi giudiziari, si sono affinate tecniche giurisprudenziali a tutela del creditore. Tra queste, nelle soluzioni che impongono una responsabilità in capo agli amministratori o ai soci, spicca il “sollevamento del velo aziendale” – c.d. Piercing/Lifting the Corporate Veil – che comporta il venire meno della separazione patrimoniale tra la personalità giuridica di una società e i membri della stessa[2].
Questo principio dovrebbe consentire ai tribunali di sollevare lo schermo della persona giuridica, raggiungendo direttamente il patrimonio di coloro che si celano dietro all’ente societario per svolgere attività fraudolente o illegali[3]; le ipotesi più importanti e frequenti in cui si realizza questo superamento del velo societario sono quelle di dolo contrattuale e di condotte opportunistiche dei soci. In una nota massima della giurisprudenza statunitense, il Giudice Sanborn in United States v. Milwaukee Refrigerator Transit Co. ha affermato: «Una società viene considerata come un'entità giuridica di regola e finchè non compaiono sufficienti ragioni contrarie; ma quando la nozione di persona giuridica è usata per sormontare la pubblica utilità, legittimare il torto, salvaguardare la frode o tutelare il delitto, la legge deve considerare l'ente come associazione di persone»[4].
Cosa può giustificare il sollevamento del velo aziendale? Il caso UK
Nell’ordinamento giuridico britannico sono previste deroghe al tradizionale principio della separatezza patrimoniale, la cui ratio dev’essere individuata nella volontà di configurare una responsabilità di carattere personale in capo alla persona fisica – ossia al socio – conseguente al mancato rispetto delle regole di ordine pubblico da parte della persona giuridica.
Essendo la separatezza patrimoniale la regola, ed il sollevamento del velo solo l’eccezione, al fine di garantire il valore fondamentale della certezza del diritto, si è regolata la normativa in modo da renderla scevra da ambiguità.
Tra le diverse fonti normative, senza pretesa di completezza, possono essere menzionate:
- SECTION 761, CA 2006 che disciplina la fattispecie in cui una società svolga negoziazioni senza il certificato apposito, rilasciato dalla Companies House;
- SECTION 213, INSOLVENCY ACT 1986 che regola il “fraudulent trading” integrato laddove un soggetto, la cui qualità di socio non è un presupposto imprescindibile, svolga una attività della società animato dalla volontà di frodare i creditori o da qualsiasi altro fine fraudolento;
- SECTION 214, INSOLVENCY ACT 1986 che si differenzia dalla previsione di cui alla section 213 solo sotto il profilo soggettivo, essendo la medesima condotta fraudolenta riferita in tal caso agli amministratori;
- SECTION 216, IA 1986 che non permette a coloro che hanno rivestito la carica di amministratore in una società ormai dissolta di “riciclare” il nome di questa per una nuova società, almeno finché non siano decorsi cinque anni dallo scioglimento, se in difetto di autorizzazione da parte della corte.[5]
Nonostante il carattere eterogeneo e dai confini non ben definiti della case law riferibile alle Corti operanti principalmente negli ordinamenti giuridici di common law, sembrerebbe possibile, attraverso un’attenta analisi, individuare un fil rouge alla base delle diverse controversie sorte in materia.
Va da sé che, qualora non fosse possibile ricondurre ad unità le più disparate ipotesi che legittimerebbero il sollevamento del velo aziendale, il vulnus subito dal già richiamato valore della certezza del diritto finirebbe in ultima istanza per “scoraggiare” i potenziali partecipanti al capitale dell’impresa societaria; valore che - sebbene non riconosciuto e formalizzato come principio generale[6] negli ordinamenti di common law - costituisce uno degli obiettivi che una politica legislativa economica e condivisa non può trascurare per non rischiare di deludere. Gli investitori attuali e potenziali, infatti, non sarebbero messi in condizione di comprendere con esattezza quali sono i limiti della responsabilità personale, ovvero quando potranno essere chiamati a rispondere personalmente per atti che si presumono realizzati nell’ottica del soddisfacimento dell’interesse sociale.
A fini meramente esemplificativi, può essere anticipato come si potrebbe guardare “oltre il velo societario” in una serie di casi[7]: i) quando l’ente societario rappresenti il mero alter-ego dei suoi azionisti, ii) ovvero in casi di sottocapitalizzazione dello stesso, iii) o ancora nei casi in cui si registri una mancata osservanza delle formalità poste dall’ordinamento giuridico, iv) oppure l’istituto sia impiegato strumentalmente per promuovere frodi, ingiustizie o illeciti.
Quindi, nonostante il richiamato carattere confuso della giurisprudenza in materia, è stata avanzata la tesi circa la possibilità, traducendo pedissequamente il titolo dell’articolo cui si fa rifermento, di “trovare un ordine nel contesto di questo pantano” (Finding order in the Morass[8]); in altre parole, Jonathan Macey, professore di “Corporate Law” e “Securities Law” all’università di Yale, ha ritenuto possibile tracciare una tassonomia razionale a prescindere dalle ambiguità giurisprudenziali di cui si è detto.
Secondo Macey, il macro-sistema dei casi giudiziari che hanno riguardato la dottrina del “Corporate Veil” può essere inteso come uno sforzo giudiziario volto “a mettere una pezza” ad uno dei seguenti problemi che si presentano quali centri gravitazionali intorno ai quali orbitano le fattispecie sopra menzionate realizzandone una compiuta sintesi. In particolare, sono state individuate, mediante una analisi della giurisprudenza in materia, tre situazioni in cui il sollevamento del velo aziendale assurgerebbe a vero e proprio leitmotiv.
In primo luogo, questo istituto dottrinale verrebbe impiegato come strumento di interpretazione legale: tale velo verrebbe perforato laddove si renda necessario ricondurre negli argini della legalità la condotta tenuta dall’impresa societaria; il fine che sottintende il ricorso a questo strumento è quello di non compromettere le rationes sottostanti ad apposite normative mediante il mantenimento della forma societaria.
In secondo luogo, il giudice ha l’opportunità di sollervare il velo societario per rimediare a quella che sembra essere una condotta fraudolenta, sebbene non integrante in maniera puntuale gli estremi di una fattispecie illecita secondo i parametri propri di Common Law. In particolare, questo strumento viene impiegato con il fine di correggere quegli illeciti definiti “constructive fraud”[9] nel contesto del diritto dei contratti. Da un punto di vista concreto, il velo societario potrà essere sollevato e, quindi, l’azionista considerato responsabile, laddove lo stesso abbia ingannato la controparte o la abbia indotta a concludere il negozio nella convinzione che da questo discendesse una responsabilità di natura personale in capo al socio piuttosto che un’obbligazione passiva riferibile alla società.
Infine, è stato rilevato come un’ulteriore ipotesi di superamento del velo è collegata alla promozione di ciò che si potrebbe definire “accepted bankruptcy values”. In particolare, le Corti ignoreranno la forma societaria e l’autonomia patrimoniale dell’ente al fine di prevenire trasferimenti fraudolenti e preferenziali. Il grado di protezione rispetto a forme di aggressione da parte dei creditori o di altri soggetti, garantito da particolari strutture societarie, può essere efficacemente sfruttato per nascondere l’esistenza o la proprietà di beni. In alcuni casi di bancarotta si è ravvisato come i fondi siano stati portati al di fuori del perimetro della giurisdizione nazionale attraverso shell companies (società di comodo) e trust costituiti in altre giurisdizioni al fine di beneficiare e trarre vantaggio dallo scarso livello di regolamentazione caratterizzante l’ordinamento giuridico, inidoneo a consentire la riferibilità al beneficial ownership and control.
Oltre a questi tre macro-contenitori, è possibile rilevare altre importanti tipologie di attività illecite [10] realizzate dietro lo schermo della struttura societaria:
1. Il riciclaggio di denaro: dev’essere inteso come il processo attraverso il quale i proventi derivanti da attività illecite sono sottoposti ad un vero e proprio lavaggio (laundering) in modo da farli apparire come proventi derivanti da attività perfettamente lecite;
2. Concussione e corruzione: le società possono essere impiegate come veicoli per la realizzazione di transazioni relative ad attività di corruzione o concussione;
3. Evasione fiscale ed altri illeciti fiscali: queste condotte illecite sono realizzate attraverso l’impiego di veicoli societari e trust operanti in giurisdizioni OFCs (centro finanziario offshore), vale a dire i paradisi fiscali, ossia quei territori in cui vigono legislazioni particolarmente permissive per il trattamento fiscale, gli adempimenti contabili e societari, combinati con garanzie rigide di riservatezza e anonimato sui movimenti bancari e societari;[11]
4. Pratiche di contrattazione con se stesso (self-dealing), la distrazione di beni ed altri comportamenti fraudolenti
5. Frodi al mercato e aggiramento di obblighi di informativa (disclosure): un esempio pratico di quest’ultimo caso può essere quello di un insider di società quotate in grado di trarre un vantaggio informativo; sfruttando la posizione occupata nell’organizzazione aziendale societaria, perviene alla disponibilità di informazioni riservate che possono essere monetizzate tradotte in profitti derivanti da una illecita compravendita di azioni utilizzando un ente societario costituito in altra giurisdizione (c.d. insider trading)
Una questione aperta
Appare chiaro, alla luce delle considerazioni fatte sopra, che, fino a quando non si assisterà ad una incursione della penna del legislatore volta a fare ordine in materia, non si potrà fugare ogni incertezza circa il potenziale squarcio di questo velo societario. È fuori discussione che il riconoscimento della personalità giuridica, con i benefici che ne derivano, sia un forte incentivo per l’attività imprenditoriale, e quindi per l’economia nel suo complesso; è tuttavia doveroso domandarsi se sia conveniente riconoscere uno “scudo societario”[12] anche a favore di quei soci che, abusando della propria responsabilità limitata e dell’autonomia patrimoniale perfetta dell’ente societario, perseguono interessi egoistici ed individuali.
[1] DIZIONARIO BROCARDI. DIZIONARIO BROCARDI. s.d. https://www.brocardi.it/dizionario/178.html
[2] BERTI, TIZIANO. IUS IN ITINERE. 2019.https://www.iusinitinere.it/piercing-the-corporate-veil-23016
[3] DEL GIUDICE, CLAUDIO. ITALY UK LAW. 2013.https://www.italy-uk-law.com/novita-in-uk/londra-la-supreme-court-solleva-lo-schermo-societario-per-colpire-il-titolare-effettivo/
[4] United States v Milwaukee Refrigerator Transit Co 142 F.247, 255, Wis.1905 . (1905).
[5] CARABELLESE, PIERRE DE GIOIA. RIVISTA DI DIRITTO BANCARIO . 2019. https://rivista.dirittobancario.it/sites/default/files/pdf_c/carabellese.pdf
[6] TUFANO, MARIA LUISA. IL DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA. s.d. http://www.dirittounioneeuropea.eu/Article/Archive/index_html?ida=162&idn=20&idi=-1&idu=-1
[7] Case: Pioneer Concrete Services Ltd v Yelnah Pty Ltd 5 NSWLR 254 (SCNSW, Young J). (1986).
[8] Macey, Jonathan. «FINDING ORDER IN THE MORASS: THE THREE REAL JUSTIFICATIONS FOR PIERCING THE CORPORATE VEIL.» CORNELL LAW REVIEW, 2014.
[9] LEGAL INFORMATION INSTITUTE. LEGAL INFORMATION INSTITUTE. s.d. https://www.law.cornell.edu/wex/constructive_fraud.
[10]«OLTRE IL “VELO SOCIETARIO”: L' UTILIZZO DI STRUTTURE SOCIETARIE PER FINALITA' ILLECITE. IL RAPPORTO OCSE.» FONDAZIONE LUCA PACIOLI, 2003.
[11]TRECCANI. TRECCANI. s.d. https://www.treccani.it/enciclopedia/off-shore_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/.
[12]SEBASTIANI, ANDREA. IL SOLE 24 ORE. 2021. https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/piercing-of-corporate-veil-e-abuso-personalita-giuridica-luce-nuova-formulazione-novellato-art-2086-ii-comma-codice-civile-ADKAnpFB.
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